(Iron Bonehead) L’EP di pochi mesi fa ha fatto da apripista ai Light Of The Morning Star. Quanto presentato nell’uscita precedente viene qui ripreso e rielaborato in chiave ancora più rituale. Permane sempre la doppia anima esoterica/romantica e non posso non trovare una nota di ‘inglesità’ nelle composizioni, ma il gruppo osa decisamente di più rispetto all’EP di debutto e sforna un disco solido e compatto, dove le ritmiche semplici fanno da contraltare a liriche ispirate, decadenti e mistiche, rese ancora più enfatiche dalla voce del cantante, una timbrica molto particolare e sofferta. L’album funziona in ogni traccia, non ci sono particolari momenti di calo. Va detto che la peculiarità del suono degli inglesi può essere per contro vista come il loro principale limite. Si, in effetti o piacciono o non piacciono, ma mi fa pensare il fatto che la formula che usano nasconde sotto una musica nel complesso semplice una profondità di significati cui non si può non prestare attenzione. In definitiva, se volete una versione seria degli osannati Ghost, buttatevi pure a capofitto in questo gruppo.

(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 7,5/10