Il cambio di location è stato un toccasana. Area verde per rilassarsi. Tendone fornito di birre fantastiche e cibo quasi regalato. Bar e ristorante con aria condizionata. E area concerti nel palazzetto, nuovamente con il climatizzatore, con le luci giuste dal primo all’ultimo gig (ho sempre pensato che il fascino di un open air viene meno quando le band suonano sotto la luce del sole… il rock dopotutto appartiene alla notte). Senza contare che il caldo africano avrebbe mietuto vittime, mentre in questa versione “Colony Air Conditioning” i paramedici con le ambulanze si sono praticamente rotti i coglioni tutto il giorno. Così come le forze dell’ordine, in quanto l’ordine c’era senza bisogno di aiuto o “imposizione”. Nessuna fila. Nemmeno all’ingresso, per l’efficenza (e la simpatia) degli addetti alla sicurezza.

Il primo giorno è stato stellare.
Skanners impeccabili. In.Si.Dia possenti. HELL supefacenti. Gli Asphyx hanno fatto fuoco e fiamme, forse uno dei migliori gig della giornata. I Loudness mi hanno emozionato… e vedere il singer con un palese problema alla gamba sforzarsi a camminare in modo fico sul palco, da vero Giapponese… cazzo che emozione… e che euforia l’apertura con l’intramontabile “Crazy Night”. I Death Angel hanno fatto scuola, nella storia ed anche al Colony Open Air. I Demolition Hammer hanno esaltato di brutto… datati ma sempreverdi. Gli Exciter non hanno pietà. I Sacred Reich sono leggenda. I Wintersun hanno un seguito favoloso, anche tra i giovanissimi, ed hanno offerto un gig da paura. Ed i Kreator, primedonne, hanno offerto uno spettacolo indimenticabile.

La domenica ha visto i colori sgargianti sfumare in ombra, verso il nero. Verso il Black.
I Kaiserreich sono una garanzia. Giocano in casa, ma giocano duro. Deceptionist violenti. Gli Ulvedharr hanno in un certo senso il mio amore incondizionato. Gli Hideous Divinity mi hanno sorpreso con una violenza putrefatta… con un drumming letale. Esattamente come gli Antropofagus, animali da palco che non hanno pietà degli strumenti. E nemmeno degli amplificatori. I Beheaded non hanno fatto prigionieri. I Carach Angren sono semplicemente fantastici: belli, intensi, teatrali… spettacolo sublime. E gli Absu di Proscriptor McGovern sono una follia scenica incontrollabile. Prima volta che vedevo i MGLA… e cazzo che band. Per fortuna li rivedo a breve in Norvegia, perché di questa musica non sarò mai sazio. I Belphegor hanno messo in scena un satanismo macabro da paura… esattamente come i grandiosi Marduk, i quali hanno sputato addosso al pubblico un gig fantascientifico. Ed i Carcass, chiamati in extremis al posto dei Morbid Angel che hanno tirato il pacco, hanno avuto un pubblico esaltato, forze dell’ordine e addetti compresi. E quando hanno sfoderato “Buried Dreams”, brano con quasi 25 anni di storia, mi è venuta la pelle d’oca.

Ma se non c’eravate… questa Fête de la Musique ve la siete persa. Per sempre. Ogni evento non è ripetibile, fatevene una ragione.

Mi ero ripromesso di non parlare del “lato B” del fest. Ma è più forte di me, è una cosa emozionale. Lo faccio brevemente, senza tante chiacchiere.
Ci sono stati casini “politici”. Critiche pesanti. Boicottaggi. E sicuramente errori. Il fest non ha avuto il pubblico che meritava proprio per la sommatoria di queste cazzate sigillate da simboli politici, da posizioni prese …e dal glifo.
Io che sto dalla parte dello spettacolo, della musica, poco guardo a queste cose, poco mi interessano, anzi, le polemiche mi danno fastidio… se fossero in TV avrei già cambiato canale… o avrei spento e sarei uscito all’aria aperta per guardare la natura, per godere della sua purezza che con le polemiche non ha nulla a che fare.
I casini sono stati sbandierati (anche troppo). Cambi di location, cambi di bill, cazzate senza senso che con la musica non hanno nulla a che fare.

Ma sono i risultati che contano.

Quando vedi una bella foto di una bella modella in copertina sul magazine (o sul CD della tua band preferita), non ti frega nulla quante ore di posa sono state necessarie, quanti scatti, quanto lavoro di foto-ritocco. Quando senti un brano tosto… non ti frega nulla sapere quante ore ci sono volute per comporlo, provarlo, registrarlo, masterizzarlo, mixarlo … o quanti soldi sono serviti per pubblicarlo.

L’unica cosa che conta è quella foto che troneggia in copertina, o quei 5 minuti di brano che ti fanno sognare, che ti esaltano, che ti fanno sentire vivo. E ti fanno pure cantare, trasformandoti nel frontman (o frontwoman) del palcoscenico sotto la doccia.

Ecco: il Colony Open Air 2017, prima edizione, è stato PERFETTO.
In ogni senso, sotto ogni punto di vista.
Concerti immensi. Spazi perfetti. Gente fantastica. Sicurezza e tranquillità. Esaltazione per le numerose band che si sono esibite con cambi palco fulminei, che hanno dimostrato una efficienza tecnica sconvolgente (io ero backstage, li ho visti lavorare questi ragazzi… non potete immaginare… davanti non sentivate i sound check alla batteria mentre suonava la band che voi stavate guardando… non vedevate le manovre di movimentazione materiali e strumenti… una cosa micidiale!!).

La gente si è divertita un sacco. E non è morta di caldo.
Non ha dovuto fare un mutuo per mangiare e bere… e non ha bevuto (né mangiato) schifezze.
C’erano due bar, due ristoranti, una fila di spine di birra larga quasi quanto il palcoscenico.
Ed i bagni sono stati impeccabili dall’inizio del sabato fino alla fine la domenica notte (e non erano quell’aberrazione chiamata ‘bagni chimici’ più adatti ad un cantiere che ad uno spettacolo musicale)

Le polemiche? Fanno male. Rovinano tutto. Distruggono la felicità.

Per fortuna le 23 bands hanno tenuto i volumi altissimi… coprendo lo schifo, le polemiche e tutto quello che non appartiene alla musica, che non appartiene a noi che c’eravamo e ci siamo divertiti.

Un bel festival? Gente poco raccomandabile? I soliti drogati? Brutti ceffi? Giudicate voi. Ormai l’ha vista il mondo, ma questa foto scattata dalla nostra agenzia fotografica è la sintesi della musica, della passione, del divertimento.
È la sintesi del Colony Open Air. Sia quello di quest’anno che quello degli anni futuri.

(Luca Zakk)

PS: Sinceramente? Eravamo tutti bellissimi! Guardatevi!