(Scarlet Records) In redazione c’è un feeling particolare con gli Ulvedharr, per il semplice fatto che a partire da “Swords of Midgard”, primo full length della band bergamasca, abbiamo assistito a diversi concerti della band, oltre a seguirne le pubblicazioni. “Total War”, titolo spietato e privo di compromessi. Apoteosi del sound dei vichinghi di Bergamo. Sound genuino, vero, perché va riconosciuto agli Ulvedharr di essere capaci di suonare in modo piuttosto personale. Chi scrive ha assistito (eravamo in quattro) all’esibizione della band a inizi estate al Colony di Brescia. Quella sera la band ha presentato alcuni pezzi del succitato album e la resa sonora dal vivo è stata davvero simile a quanto si ode in “Total War”. Dunque dal vivo gli Ulvedharr mostrano un sound uguale a quello dell’album. Gli Ulvedharr sono spontanei, diretti e lo si è sempre avvertito. In redazione lo abbiamo sempre pensato. Se il precedente album ha effettivamente ben impressionato i più (QUI), non è affatto incoerente scrivere che “Total War” abbia le stesse coordinate del precedente. Una ripetizione di se stessi che sa essere esaltante, dal vivo e su CD, ma che oggi rischia anche di stancare. Gli Ulvedharr sono tanto lavoro, tanto onore e rigare diritto per la propria strada, allevando un sound che fosse autentico. Questa produzione forse è stata più generosa in fatto di una pulizia e pompaggio del suono. Però… Il death metal che la band mostra fieramente nelle scenografie live, dove campeggia appunto “death metal since 2011”, ancora una volta come dai tempi di “Sword of Midgard”, ha l’aspetto di un thrash metal. Certo, i connotati pagan e viking, qualcosa dell’epic, molto dei Celtic Frost, dei primi Kreator, il fiero thrash teutonico insomma. Caratteristica questa che a stretto titolo personale, si ritiene che la band abbia sempre mostrato. Il thrash è forse l’anima originale della band e sopravvive nel riffing, quest’ultimo poi in certe situazioni viene eclissato da un death metal nordico. Le cose stanno così per questo sound vivace e godibile, grezzo e ruvido al contempo, nonostante i cenni derivativi. Diamo i giusti meriti agli Ulvedharr definendone anche i limiti, momentanei magari perché se la band è in cresciuta nelle ultime due produzioni, è possibile che avanzi verso livelli ancora più interessanti.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10