(InsideOut Music) “Lonely Robot”… ossia un modo per chiamare una nuova, mutevole faccia di Mitchell. Già con i Kino e gli Arena e con gli immensi Marillion, oggi uno dei genietti del prog rock torna con un secondo lavoro sotto questo nome e lo fa con eleganza e maestria. Lo confesso, non sono un amante delle sonorità AOR o dell’hard in generale, ma mi ha sempre colpito l’eclettismo del cantante/chitarrista. Qui si cimenta su un versante ‘dolce’ della musica, una bellissima serie di canzoni tra il prog e l’atmosferico. Un’atmosfera futurista eppure classica e rassicurante aleggia in tutte le composizioni. E’ come se Mitchell ci desse le chiavi di una delle stanze del proprio mutevole io. Le chitarre in certe composizioni sono di una bellezza e tranquillità indescrivibili, sensazioni da grande opera rock che avevo potuto assaporare solo con i due album solisti si Gary Hughes ispirati a Re Artù. La maestria e l’esperienza di Mitchell si sentono appena, tanto è il trasporto che causa la musica in se. Eppure non mancano le parti aggressive, le vene prog e tutti quegli elementi derivati dal gruppo principale. E nonostante questo siamo di fronte ad un’entità ben definita, con una propria vita. Un disco che, sarò sincero, non mi aspettavo così potente ed evocativo in ogni, ripeto ogni, singola traccia. E come se non bastasse, ma era lecito aspettarselo, i musicisti che affiancano l’iconica figura sono professionisti di prim’ordine, e come poteva essere altrimenti, a ben pensarci. Se esistesse un voto più alto, lo darei ad occhi chiusi.

(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 10/10