(Argonauta Records) Da qualche parte vengono definiti ‘finnish doom masters’. Con il precedente “Dead Rising” (recensione qui) si parlava invece di ‘new wave of classic doom metal’… ma si trattava di un album -il debutto- che non mi convinse per nulla, che non mi eccitava, che non mi trasmetteva alcunché, nonostante la band vanti musicisti molto validi. Il doom è una brutta bestia: quando esci dai suoi rigidi confini, rischi di farti male… cosa che successe con il precedente lavoro. Ma questo secondo disco, a distanza di cinque anni, mette in ordine le idee… torna ad essere veramente doom e le divagazioni (quel ‘new wave…’) sono contestuali, in tema, compatibili e spaziano verso un malinconico supportato anche da occasionali clean guitars di ottima fattura, con un livello melodico (assoli) molto intenso. “Passing the Watchtower” è dannatamente doom, dannatamente metal, un brano veloce, scazzato, sporco, brutto e cattivo… proprio come deve essere! “Harlot’s Dream” è più introspettiva con la sua impostazione dirt-melancholic.. quasi una versione stoner di certe idee dei Lake of Tears, senza comunque dimenticare i riffoni classici del genere doom… che saranno sempre gli stessi (Witchfinder General, Reverend Bizarre) ma sono anche gli unici che ci vogliono e che servono. Complessa e depressiva “Moonstone”: un brano lento, ma energetico, riflessivo ma anche estremamente potente… tra i miglior brani del disco, anche grazie ad una divagazione quasi psichedelica che rappresenta quell’uscire dai rigidi confini, ma con intelligenza ed ottimo risultato. Ancora doom spietato con “Lovecraft”, mentre su “Beast Within” si scende negli abissi della terra, con una impostazione rallentata e più funerea…. cosa che si trova anche nella conclusiva “World Eater”, altra canzone con delle divagazioni in linea con il genere principale. I Church of Void hanno corretto in maniera eccellente l’errore da me evidenziato (secondo la mia opinione) con il precedente disco. Questi quaranta minuti sono immensamente doom, profondamente doom … ma anche per certi versi innovativi e creativi: decadenza senza fine ma con una impostazione rivista e corretta e tendente ad un concetto nuovo fatto di elementi classici. Sicuramente la definizione ‘finnish doom masters’ ora è molto adeguata!

(Luca Zakk) Voto: 7,5/10