(Neurot Recordings) Nel 1989 con i Neuorsis, poi anche con Tribes In Neurot e poi Culper Rings e poi questa sua direzione solista griffata Harvestman, Steve Von Till scoperchia la sua anima e le profondità del mistero. Autore fine, multistrumentista perché oltre alla chitarra manovra in questo caso basso, sintetizzatori e altri strumenti ed effetti ancora. Solo Jason Roeder, storico batterista dei Neurosis, è ammesso con le bacchette e pelli a questo cerimoniale, orchestrato alla consolle da sua santità James Plotkin. La decadenza, inscenata dalle rovine, dall’avanzare del tempo. Le rovine come centro di una diversa percezione sensoriale di uno spazio immenso ,dove solo complessi megalitici sono i testimoni dell’esistenza stessa. Un pensiero artefatto, un’immaginazione creata nello studio di Von Till nel nord dell’Idaho, quasi estremo nord-ovest degli USA ai confini col Canada. Una parte del mondo. La musica invece è il mondo stesso. Una musica per ogni luogo. Strumentale, lenta, psichedelica, folk, spirituale. “Music For Megaliths” è meditazione. “Oak Drone” potrebbe essere i Popol Vuh nel nuovo millennio: drone, input ‘ kosmische’, esoterica manifestazione dell’essere. Musica creata con manipolazione, con il trattare, rimodulare frequenze. L’ambient di “Ring of Sentinels” è stupefacente, il noise ancestrale di “Levitation” è ampio e spazioso quanto il cielo che ci sovrasta. Doveroso citare l’opener “The Forest Is Our Temple”, “Cromlech”, la disturbante e autenticamente noisy “Sundown” e la conclusiva “Sundown”, l’unica composizione ad ospitare una voce, un parlato a dire il vero. Circa quarantuno minuti di pace, estasi, di turbamenti. Più di ogni altra cosa, di suprema bellezza.

(Alberto Vitale) Voto 10/10