(Sharptone Rec.) Da qualche tempo la band cede il passo alla propria anima più melodica. Il precedente e omonimo album poteva già essere il segno di una precisa commercializzazione, tuttavia non si pensi che We Came As Romans sia musica per ‘duri e puri’, perché il fianco melodico dei ragazzi del Michigan è in evoluzione da un po’ e forse i tempi degli esordi sono ormai lontani. Si esce dall’underground e si diventa qualcosa di più grosso e fino a diventare qualcuno. La band lo è, entrambe le cose. Tracciano ancora il segno gli americani, lo stesso che altri intravedono e seguono. “Vulture with Clipped Wings” apre nel modo più scontato possibile l’album. Un ‘già sentito’, ma bilanciato nei ritmi e riff, come la stessa “Foreign Fire”. Nettamente migliore la seguente title track e poi via tra pezzi standard, pochi, e impennate melodiche importanti. Sovrasta tutte “Promise Me”, canzone per le radio, dolce, andante, con quella giusta oncia di durezza incapace però di corrompere la natura evocativa e d’atmosfera del pezzo. Orribile “Encoder”, esperimento industrial-disco-metal, perché appare come un pastone di cose. “Cold Like War” fissa i punti necessari per essere appezzato dai fan della band e del genere, a scanso di un ulteriore approfondimento o rinnovazione del sound che per il momento offre solo pochi spunti e tutti di natura ‘easy’, buoni comunque per fare funzionare al meglio i pezzi.

(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10