(Metalmorfosi) Pesanti, grezzi, taglienti e laceranti. Sono italiani, venerano lo stoner, si ispirano a nomi noti quali Crowbar o Kyuss. Dopo un EP, finalmente, concretizzano un vero album, un full length di otto brani, anche se la durata, trentacinque minuti, sfiora nuovamente i parametri di un EP. Ma il materiale è tosto, ben registrato, ricco di grinta, fumo denso, reminiscenze psichedeliche e pure una buona dose di melodia, tanto da fendere quell’opprimente atmosfera ovattata tipica del genere, dando vita ad un’idea più originale, fresca ed efficace. Poderosa la opener “Cheers In Hell”: lenta, profonda, ma con una ritmica esaltante, un cantato tuonante e quella melodia tra il pulito e l’acido. Oscuramente sensuale “Slum”, un doom ricco di efficacia marcatamente heavy, con un cantato coinvolgente il quale porta ad un ritornello che merita esser cantato in coro. Circolo vizioso putrefatto con “Feel The Phantom Pain”, un brano che riesuma con energia i Pantera, altra band nel paniere di ispirazioni che hanno dato vita ai Blowout. Headbanging lento ma capace di provocare lacerazioni permanenti con “Stomp On Fire”, canzone che ospita Dario ‘Kappa’ Cappanera ad una chitarra esaltante, virtuosa ed esplosiva. Fumosa e meravigliosamente decadente la titletrack, un brano con una progressione di accordi che invita agli inferi ed un cantato particolarmente tetro. Polvere dannatamente southern con la conclusiva “Scars of the Road”. Stoner e doom sono generi pericolosi. È fin troppo facile essere la copia di qualcun altro che è arrivato prima, il quale probabilmente è anch’esso una copia di entità precedenti. Ma i Blowout, pur non inventando quasi nulla, riescono ad essere originali: offrono idee melodiche e ritmiche che celano una vasta esperienza ed un certo livello tecnico, iniettano energia nella loro musica e questo loro “Buried Strength” risulta godibile e provocante dall’inizio alla fine.

(Luca Zakk) Voto: 7/10