(Nuclear Blast Records) Tornano dopo quattro anni dal precedente “Bloodstone And Diamonds”i Machine Head, con un album che sarà sicuramente destinato a far discutere. Dopo anni passati a recuperare le proprie radici thrash nel tentativo di riacquistare credibilità verso i fans delusi dalla svolta hip hop di “The Burning Red”, la band sterza nuovamente, recuperando quelle strutture semplificate che caratterizzavano il citato “The Burning Red” ed il successivo “Supercharger”. Una scelta spiazzante, che farà storcere il naso a più di un fan. L’opener “Volatile” è forse il brano più heavy ed in linea con il Classico Machine Head sound, dal retrogusto thrash ed un refrain estremamente ruffiano. La title track è massiccia nel riffing, con inserti melodici qua e la. La canzone potrebbe anche essere gradevole, se non fosse per le troppe parti dove Robb utilizza la voce pulita, cosa che inficerà buona parte dell’album. Per carità, le clean vocals sono sempre state utilizzate dai Machine Head per stemperare l’assalto sonoro perpetrato. Solo che in questi coretti metalcore predominano in maniera massiccia rivelandosi noiosi ed inadatti. Al di là dei gusti personali, devo ammettere che la band sa il fatto suo ed i brani risultano ben fatti. Basti sentire “Beyond The Pale”, dotata di un ritornello semplice e di sicuro effetto. Se questi pezzi possono essere considerati tipicamente Machine Head, le sorprese arrivano con “California Bleeding”, corposa e potente ma con un inedito e spiccato retrogusto rock che lo rende quasi radiofonico. “Triple Beam” vede nuovamente Robb cimentarsi con rime hip hop a dire il vero ben più aggressive rispetto alle nenie cantate in pulito nei brani precedenti. Altro pezzo abbastanza insolito, “Bastards” è una semi ballad dal sapore folk/punk dove Robb sembra fare il verso ad Eddie Vedder (con risultati tutt’altro che memorabili). Lo stesso dicasi per l’acustica “Behind The Mask”, brano piuttosto trascurabile. “Heavy Lies The Crown” tocca addirittura territori power/symphonic anche questi inusuali prima di accelerare vertiginosamente nel finale, regalandoci finalmente qualche sprazzo thrash metal. “Psychotic” è finalmente rabbiosa sia nel riffing potentissimo che nelle vocals una volta tanto prive delle noiose nenie presenti negli altri pezzi. “Razorblade Smile” alza il livello del disco; pezzone thrash con i controcazzi dove i Machine Head dimostrano di saper ancora pestare. La conclusiva “Eulogy” potremmo considerarla come una lunghissima outro pregna di atmosfere tra lo psichedelico ed il cinematografico. È difficile esprimere un giudizio obiettivo per “Catharsis”. Di certo la band ha provato a rimettersi in discussione con un album fin troppo ambizioso, snellendo la struttura dei brani ma allo stesso tempo mettendo troppa carne al fuoco e perdendo parte di quell’aggressività ed incisività che da sempre la caratterizza.

(Matteo Piotto) Voto: s.v.