(Selfmadegod) La solennità malasana dei Behemoth e quel piccolo estro che rende il tutto progressive, rendono vivace l’oscura notte che è l’album dei polacchi Redemptor. La band di Paweł ‘Pawulon’ Jaroszewic (Hate e Antigama, ma anche ex Vader ed ex Decapitated) giunge al terzo album con uno stato di grazia non comune. “Eminence Grise” apre “Arthaneum” con malvagità e un tessuto ritmico e del riffing spesso appaiati nel suonare, con l’uno doppia l’altro. Il seguito è tre quarti d’ora comunque non diversi dall’opener. Imponenza nelle aperture, ripresa anche negli scatti melodici, un drumming robusto, progressivo, certamente snello, le chitarre che filano e disfano la tela. La voce in growl è di Michal ‘Xaay’ Loranc, tra l’altro anche artista visivo della band e grafico per realtà come Vader, Megadeth e Behemoth. Questo album si basa totalmente su ‘artha’, una parola sanscrita che significa “scopo”, “obiettivo”, “ricchezza”. L’artha è una «costante ricerca di risorse, stabilizzazione e realizzazione di tutte le cose materiali che consentono di essere nello stato in cui si vuole essere». Interessante, certo, ma la musica ha un peso estremamente più concreto di questa concettualità. Death-blackened metal di stampo tecnico, che spesso sfuma in risorse sonore rivolte all’avantgarde. Ci sono momenti melodici intensi in “Arthaneum”. Qualcosa che si solleva dallo strato metal, mentre in sottofondo lavora un drumming impressionante, tellurico nei modi eppure cinico e preciso. Momenti anche totalmente avulsi da ogni contesto metal, come per “Semantic Incoherence” (il titolo la dice lunga su questo) per un suo intermezzo prog e quasi psichedelico. I Redemptor sono eleganti nel mischiare sapientemente gli elementi, raggiungendo una forma estrema della propria musica, pur colma di melodie e passaggi memorabili.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10