(Blaze Bayley Recordings) Sedetevi, perché comincia una piccola lezione di storia, in realtà tristemente simile ad altre… Blaze comincia ufficialmente a cantare con i Wolfsbane già a metà degli anni ‘80 e con loro sforna 4 dischi. I primi tre vanno a coprire circa un lustro a cavallo degli anni ‘80 e ‘90, mentre il quarto è andato a suggellare una reunion tutto sommato recente se si considera che è datato 2012. Tra i due periodi è successo di tutto. Come è noto a tutti il cantante ha avuto il pesante fardello di sostituire Dickinson in due album degli Iron Maiden. Due lavori molto diversi tra loro ma che a mio avviso hanno saputo dare una luce diversa alla Vergine di Ferro. Lo ripeterò fino allo sfinimento che se Dickinson cantasse quelle stesse canzoni il risultato non sarebbe all’altezza dell’originale, segno che a suo tempo gli Iron fecero la pregevole scelta di modellare il suono attorno all’ugola del nuovo cantante e non viceversa, cosa diametralmente opposta al caso quasi identico di Ripper Owens con i Judas. Poi, come spesso e tristemente accade, il discutibile ritorno del figliol prodigo Dickinson all’ovile ed il conseguente benservito al buon Blaze che però non si è perso certo d’animo. Con il semplice nome ‘Blaze’ vengono composti 3 cd da studio per poi continuare la carriera solista con il nome completo ‘Blaze Bayley’. Prima tre lavori e dal 2016 una mastodontica trilogia che qui arriva alla sua conclusione. Bene, chiudiamo i libri di storia e concentriamoci sul presente. Il nuovo album di Blaze non si discosta da una virgola dai suoi precedenti lavori, anzi forse ne costituisce il capitolo migliore, una degna chiusura per un concept molto complesso perfettamente in linea con il metal di stampo inglese di cui i Wolfsbane stessi possono andare fieri di aver contribuito a plasmare. I nerboruti compagni di viaggio nella formazione dell’inglese dimostrano la propria professionalità al servizio della sempre particolarissima voce di Blaze, rimasta intatta in tutti questi anni di onorata carriera. Non ci sono cali di prestazione in nessuna traccia, anzi. La sensazione che si ha ascoltando il cd è che si sia un reale crescendo nel phatos fino ad arrivare al climax, come un’opera dovrebbe sempre avere. E comunque questo nuovo capitolo discografico non fa che confermare che Blaze ha contribuito moltissimo al suono dei due album degli Iron dato che alcune ritmiche riprendono per atmosfere soprattutto “The X Factor”, lasciando molto amaro in bocca ripensando a quel periodo. Si, il destino è stato beffardo con il cantante inglese, ma siamo di fronte ad un esempio di come non ci si deve abbattere di fronte alle avversità e rifiutare di chinare la testa se non per affrontare a spron battuto il futuro. Onore a te, guerriero.

(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 9/10