(Vic Records) Si scrive Magnum Itiner Interius e si legge Daniel Corchado (ex Cenotaph, quelli messicani, Incantation) ovvero una one man band. Corchado suona tutti gli strumenti (la batteria è programmata) e compone il materiale. L’etichetta lo definisce “atmospherical, experimental yet dark and melodic instrumental metal” questo sound, ma sembra essere un derivato del gothic doom inglese anni ’90 e che genera, questo si, atmosfere e paesaggi melodici e sperimentali. Situazioni emotive, sensazioni depresse e malinconiche, ma anche epiche e tuttavia sempre e comunque oppresse. L’album è totalmente strumentale e di conseguenza tutto grava sulla creatività di Daniel. “Avoid the Light”, canzone dal carattere sinfonico dove i synth  creano un’ambientazione tipo “colossal”. L’aspetto orchestrale si sente più volte nell’album, ma senza abusarne. “The Shattered Dream” è un’armonia di riff, polifonie e melodie delle sei corde davvero avvincente. “A Wall of Memories” è altisonante e anche lei è giocata sulla sommatoria delle chitarre che producono polifonie e contrappunti tra ritmiche e soliste. Affascinante “The Spreading Rift” dalla melodia esotica. “Pitchblack Stream” è molto gotica e decadente, il vero momento dark dell’album. “From Nothingness Comes Eternity” è un connubio tra situazioni eteree, atmosferiche e passaggi più consolidati, conferendo al brano un aspetto progressive. I momenti chiave sembrano questi, ma il livello generale è comunque più che soddisfacente e per un album di oltre un’ora la cosa è positiva. Il fatto che i pezzi in più occasioni creino il giusto trasporto significa che non inducono alla noia. Corchado fonde il doom-gothic con soluzioni progressive e le inevitabili conseguenze di una serie di composizioni strumentali, le quali costruiscono uno scenario davvero ampio.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10