(Despotz Records) I QFT, ovvero Quantum Field Theory, sono un progetto di Linnéa Vikström, una delle vocalist dei Therion (ed ex live Kamelot) nonché figlia di Thomas Vikström… anche lui voce dei Therion ed ex Candlemass. Nome d’arte, insomma… figlia d’arte con una carriera già molto ben avviata, considerato il successo dei Therion. Sarebbe logico aspettarsi un disco con musica allineata ai progetti nei quali la vocalist milita o ha militato… ma -per fortuna- la creatività artistica ha il sopravvento e “Live in Space” risulta essere un ottimo disco assolutamente personale, lontano dal sound di tutti i sopra citati acts. Un disco intenso, di rock-metal curato, con testi che toccano argomenti filosofici relativi alla nostra essenza terrestre, messa in confronto con lo spazio, eventuali altre creature… senza tralasciare la poderosa fisica quantica che governa il cosmo. La voce di Linnéa qui ha campo libero: se nei Therion ha un ruolo importante ma molto ben definito (e pertanto limitato) qui non trova alcun confine, tanto che le vere doti appaiono, emergono e si impongono con decisione… fino ad osare proponendo una versione di “Joga”, brano di Björk. Ad accompagnarla Georg Härnsten Egg e Jonathan Olsson, rispettivamente batterista e bassista dei Dynazty, e l’ottimo chitarrista dei Loch Vostok, Mano Lewys, il quale nel disco offre una performance non trascurabile! Apre “End Of The Universe”, un brano decisamente doomy, sabatthiano… nel quale la cantante si spinge verso l’estremo risultando coinvolgente, sensuale e tagliente. Incrocio tra power metal e pop con “Big Bang”, brano dal main riff semplice ma incisivo. “Black Hole” è tecnica, progressiva, catchy… tanto da far pensare a bands come Conception, Avantasia, Serenity… e tutto quello che potrebbe starci in mezzo. La lenta ed atmosferica “QFT”, conferma nuovamente le capacità vocali della singer, la quale qui risulta molto più passionale e teatrale. Pulsante “Aliens”, una brano in versione femminile di un qualcosa che ci si aspetterebbe da gente come Jørn Lande. Belli i suoni folk in un contesto spaziale con “Time”, mentre torna un pungente metallo su brani come “Quasar” -molto teatrale- e “Light Speed”, questa travolgente e con un ritmo irresistibile. Malinconica, una malinconia stratosferica, con la conclusiva title track, un brano dominato dal suono del pianoforte e dalla modulare voce di Linnéa. Un debutto interessante, curato nei dettagli, il quale inserisce un’altra protagonista nello scenario del metal. Un disco che vanta tecnica, creatività e che si scosta di molto dal prevedibile ed offre un crescente senso di coinvolgimento, ascolto dopo ascolto.

(Luca Zakk) Voto: 7,5/10