(Hellbones Records) L’esordio discografico dei marchigiani Haegen lascia sicuramente il segno, in positivo o in negativo che sia: il pagan/folk degli anconetani alterna epicità, goliardia e qualche caduta di stile un po’ triviale che potrà soddisfare, credo, soltanto i sostenitori ad oltranza delle sonorità ‘festaiole’. Il mix fra momenti ironici e seriosi è certamente sbilanciato in favore dei primi (così come c’è molto più cantato in italiano che in inglese): per “Stray Dog” (che si apre sui latrati campionati di un cane), “My favourite Tobacco” e soprattutto “Gran Galà”, che racconta dell’incursione di un gruppo di ‘sei grezzi’ a una festa dell’alta società, il riferimento principale sono certamente i Trollfest; che dirvi, se amate il metal che alcuni chiamano ‘da taverna’ qui c’è di che soddisfarvi, se invece il vostro idolo è Bathory… diciamo che dovreste volgervi altrove. Il che sarebbe, almeno in parte, un peccato, dato che gli Haegen sono capaci anche di un racconto epico come “Terre immortali”, che mi ha ricordato – per il cantato in italiano – gli Atavicus. In mezzo altri brani spesso ironici: il testo di “Incubo” non funziona benissimo per alcune banalità, quello di “Gioie Portuali” ha più brio ed energia. Un disco dalle due anime, che forse vuole tenere insieme elementi che non stanno benissimo insieme: lode al coraggio dell’esperimento, al pubblico giudicare se questa alternanza così pronunciata sia davvero funzionale.

(René Urkus) Voto: 6,5/10