(Temple of Torturous Records) Interessante il progetto Besra messo in piedi nel 2011 dal chitarrista finlandese Johannes Nygård, quando suonava nei Callisto. All’inizio si trattava di un side-project per dare sfogo ad una più ampia creatività personale, successivamente però è diventato l’unico oggetto delle attenzioni di Nygård, affiancato dal batterista Ville Kaisla. Considerata la complessità e variabilità stilistica, il percorso verso una line up completa non è stato sicuramente facile e solo nel 2014 la band ha potuto annoverare tutti musicisti capaci e motivati… trovando spazio in svariati palcoscenici e finendo per dare vita a questo debutto molto ben registrato, intenso e con il master curato da Mell Dettmer (Sunn O))), Earth, Wolves In the Throne Room). Siamo in territori post-metal e progressive… ma in casi come questi, è talmente difficile definire il sound della band che viene naturale usare definizioni ovvie, scontate, soluzioni immediate a problemi irrisolvibili. Le quattro tracce proposte (tutte lunghe, sempre nei paraggi dei 10 minuti) sono un viaggio complesso, contorto, oscuro e carico di ansie e nervosismo. L’album si presenta come una collezione di storie che la band vuole raccontare, storie che parlano della società moderna e le sue influenze sulle vite delle persone comuni e relative relazioni quotidiane, il tutto con una visione personale ed introspettiva degli autori i quali iniettano una vasta dose di rabbia, depressione, oscurità, atmosfera suggestiva, grazie ad alternanze vocali (linee clean e linee scream) ed una progressione drammatica del percorso sonoro, ampiamente ispirato dagli scenari naturali del paese di origine. Tutti i quattro brani travolgono, una immersione completa e violentemente mistica, ma titoli come “Dwell In Gloom” evidenziano senza pietà le evoluzioni progressive della band, i cambi imprevisti tra la violenza diretta ed atmosfera oscura, soporifera, contornata da un sassofono sublime. “Next Chapter”, invece, porta in evidenza la componente post-metal, richiamando sonorità in linea con le sperimentazioni di Cult of Luna o Isis. Arte nell’arte: l’album contiene un brano intitolato “Pariah”, supportato da un cortometraggio di Petri Erkkilä, il quale va oltre il semplice videoclip. Il film parla di abusi, sia mentali che di sostanze, e la conseguente vergogna nel rendere noto il problema, situazione che isola, devasta e -talvolta- uccide. Un album profondo annegato in concetti artistici che abbracciano un’avanguardia stilistica tetra, decadente, malata… esattamente come la vita moderna di quella forma di vita insignificante chiamata ‘umanità’.

(Luca Zakk) Voto: 8/10