(Godz Ov War Prod.) Provengono dalla fredda Alaska ma si ispirano alla mitologia sumera per comporre i sei capitoli del rituale orchestrato in “Chants of Irkalla”. Il termine Druj pare, in questo senso, assolutamente indovinato. Rifacendosi agli insegnamenti del profeta Zarathuštra, starebbe infatti ad indicare l’inganno e la falsità, come nella dicotomia che troviamo tra il paese natio dei musicisti ed il tema trattato. I quattro americani ci accompagnano con il loro doom metal, venato da rimandi DSBM di matrice americana, verso i cancelli di Irkalla, la dimora ultima delle anime dei deceduti secondo l’antica religione mesopotamica. Nel primo album completo dei Druj troviamo quarantacinque minuti di musica che proseguono idealmente la strada intrapresa nell’EP di esordio “The Malignant Dweller”, pubblicato lo scorso anno. La marcia comincia con “Zigurrat Ablaze”, brano tanto cadenzato quanto vario nel suo incedere tra monolitici riff distorti ed inquietanti arpeggi di chitarra acustica, sui quali si staglia solenne la voce cavernosa di Sean Holladay. Il tormento dell’ascoltatore non trova sollievo alcuno anche nella successiva “He Who Drinks Of Namma” che, pur alzando leggermente il ritmo, mantiene intatta l’angoscia in ogni singola nota. Da segnalare il buon lavoro dietro le pelli di Adam Kimball che riesce a donare imprevedibilità nei passaggi tra le varie sezioni del brano. Nella successiva “Chants Of Irkalla”, pur non uscendo dai binari fissati in precedenza, cominciano però ad emergere quelle venature depressive/black cui accennavo in precedenza, senza sdegnare parentesi dal sapore sludge. Discorso che prosegue, e trova pieno svolgimento, nei nove minuti di “Consort or Sin”, nei quali troviamo una summa di quanto mostrato in precedenza. Le ultime due tracce in scaletta risultano godibili e completano l’inquietante percorso disegnato per noi dai Druj. Notevole poi il lavoro svolto in fase di produzione che ha garantito suoni dal sapore underground, ma decisamente puliti e dinamici che mettono in luce le capacità dei quattro musicisti americani. Per essere un album d’esordio, questo “Chants of Irkalla” stupisce per ispirazione e confezionamento, spingendomi a consigliarlo a tutti gli amanti del doom metal dalle tinte più ritualistiche e sulfuree.

(Davide Galli) Voto: 7,5/10