(Karisma Records) Secondo intenso album per i norvegesi Oak, band di progressive rock originariamente nata come duo folk. Quasi un’ora di magia sonora, con vocals timide ma caratteristiche, ed un arcobaleno di suoni a cavallo tra il dark wave, il folk, il prog e l’atmosferico. Molta elettronica, ma anche molti strumenti atmosferici come il piano ed il sassofono. Visioni oscure, ma sempre caratterizzate da un groove infinito il quale è sapientemente tenuto sotto controllo. Elementi catchy sparsi ovunque, senza mai comunque cadere nell’ovvio, o della banalità pop. Nell’album si sentono ispirazioni che derivano da Ulver, Pink Floyd, Depeche Mode e pure Simon & Garfunkel, ma con un tocco di originalità e sonorità distintive molto caratteristico. Magica e provocante “We, The Drowned”, un brano ‘molto Ulver’, ma drammatico, con un pianoforte pazzesco. Oscura “Claire De Lune”. Luminosa la fantastica title track, brano dal ritornello che apre verso visione infinite, verdi, meravigliosamente scenografiche. L’oscurità intensa, ed il dramma esaltato da un sassofono divino, tornano con “Lost Causes”. La lunghissima “The Lights” è una marcata divagazione elettronica e remotamente psichedelica, la quale dimostra il poliedrico gusto compositivo della band, poi deliziosamente capace di trasformare in suoni coinvolgenti ogni idea. Liturgica e più rock, un rock d’annata, la bellissima “These Are The Stars We’re Aiming For”; teatralità cinematografica in chiave folk per la conclusiva “ Psalm 51”. Gli Oak sono lontani dal metal, ma anche estremamente originali in un contesto rock. La loro musica è personale, identificativa, aperta al pubblico ma anche chiusa in se stessa, riflessiva, estremamente intima. Musica che esalta emozioni, che stuzzica il sogno, esalta l’onirico. Musica che rilassa, che alimenta la tristezza, che disseta la felicità. Una vasta gamma di emozioni, più o meno contrastanti, compressa dentro nove elaborati stupendi brani.

(Luca Zakk) Voto: 8/10