(AFM) Ed eccoci finalmente al momento della verità! Avevo glissato questo appuntamento con la storia con la mia non-recensione di “Legendary Years”, quindi il mio ‘vero’ ultimo contatto con i Rhapsody of Fire risale a “Into the Legend”, che osannai come il miglior prodotto della band per gli anni ’10. Ma ora tutto è cambiato: dietro al microfono non c’è più Lione, che ha ri-co-fondato l’ennesima incarnazione di questa band, ma il talentuoso Giacomo Voli; Alex Holzwarth ha seguito l’amico Fabio; e il buon Alex Staropoli è ormai l’unico membro fondatore e l’ultimo membro ‘storico’ della band. “The eight Mountain” è dunque per forza di cose l’inizio di un nuovo corso… ed è un buon corso (con, naturalmente, una nuova saga). Dimenticare Lione sarà difficile per tutti (quanti dimenticarono, scusate il paragone, Rob Halford, Bruce Dickinson o Matt Barlow?), ma il nuovo album ‘tiene’, su questo non c’è dubbio. È a mio parere inferiore a “Into the Legend”, che conteneva tre/quattro pezzi di categoria assolutamente superiore (fra i quali la strabordante “Kiss of Light”); ma con un mix di vecchio sound e nuovo cantato credo possa soddisfare tutti coloro che non partono prevenuti. Vediamo allora la scaletta. Dopo la intro, astutamente “Seven heroic Deeds” non si esibisce subito in tutti i trademark (anche se nelle prime battute c’è una chitarra turilliana), e anzi l’impianto tirato fa piuttosto pensare agli ultimi Angra; sul ritornello altissimo svetta bene Giacomo Voli. Sfrenati neoclassicismi in “Rain of Fury” e grandi aperture melodiche in “White Wizard”, che ricorda molto l’impianto dei brani di “Symphony of enchanted Lands II” o “Triumph or Agony”. L’immancabile ballad medieval style è “Warrior Heart”, ben concepita e sinceramente emozionante per larga parte del suo sviluppo. Indovina tempi, modi e refrain la prima suite del disco, “March against the Tyrant”; “Clash of Times” ha lo spirito e la velocità dei primi dischi, mentre “The Legend goes on” è un’ottima scelta da singolo grazie alla sua potenza che non dimentica mai la melodia. Sale di nuovo l’emozione con “The Wind, the Rain and the Moon”, uno di quei brani in lento crescendo dove l’ingresso della batteria segna sempre il culmine; si chiude con la seconda suite, “Tales of a Hero’s Fate”, che si prende 11 minuti (in realtà, esclusa l’outro recitata dall’indimenticato Christopher Lee, circa 8) pregni di un’epica riuscita e mai fine a se stessa. Tiriamo le somme: Alex Staropoli ha certamente fatto uno sforzo notevolissimo per superare il momento di difficoltà e certamente il risultato lo premia. I suoi ‘nuovi’ Rhapsody of Fire magari non centrano il capolavoro della vita, ma danno una gloriosa risposta a tutti i detrattori.

(René Urkus) Voto: 7,5/10