Per qualche assurdo motivo, dall’epoca della rifondazione del 2008 i Pestilence sono oggetto di insulti e giudizi negativi da parte del pubblico e certa stampa ‘specializzata’. Ma è ormai consolidato che il fan medio ha una visione limitata della scena: la band che ama non può assolutamente cambiare line up, non può permettersi di seguire l’ispirazione artistica e cambiare direzione musicale, non può sciogliersi… e se lo fa non può riformarsi senza essere accusata di impostazione commerciale. Ma i Pestilence, gloriosi con i primi quattro album, per qualche motivo a me sconosciuto sono diventati fonte di profonda discordia… tanto che c’è gente che ancora urla, durante i concerti, un patetico ‘ridateci Martin’ (ovvero Martin van Drunen, vocalist dei primi due dischi, impegnatissimo a fare il frontman dei sui Asphyx!).

Ma a Patrick Mameli sembra che queste cose importino poco, è palese che a lui non freghi assolutamente nulla. Patrick è quello che ha rimesso in piedi i Pestilence nel 2008, è quello che successivamente si è preso una pausa (un suo diritto) ed è sempre quello che ora è tornato più in forma che mai; e mentre nell’aria c’è odore di qualcosa di nuovo in vista dell’anno prossimo, Partick fa quello che un musicista dovrebbe sempre fare: concerti. Ovunque.

Il “Reduced To Ashes 2019 European Tour” conta oltre venti date, circa un mese e mezzo on the road, con ben cinque date nel nostro paese, date nelle quali i Pestilence si sono portati dietro altre bands di ottimo livello, come i connazionali Bleeding Gods ed i bulgari Grimaze… dando poi spazio band locali, come nel caso potentissimi Damnation Gallery per la data di Bologna. È è proprio lo spettacolo della band italiana a scaldare un Alchemica nel quale iniziava ad affluire un consistente pubblico: oscuri, dissacranti, diabolici, con una impostazione scenica assolutamente di prim’ordine anche se l’attrezzatura delle altre band aveva ridotto all’osso il loro spazio. Ma i Damnation Gallery non hanno perso un colpo, e sono perfino riusciti a portare Marco Vitale degli In Tormentata Quiete come guest in un brano!

La sorpresa della serata sono decisamente i Grimaze. La band bulgara, ha all’attivo solo un album uscito lo scorso novembre (recensione qui) ma appare in ottima forma, coinvolgente, dinamica. I musicisti sul palco si divertono e sorridono sempre, non solo tra un brano e l’altro, anche durante l’esecuzione delle canzoni, comunicando costantemente con il pubblico, quasi fossero i cinque ragazzi di un party che si sono portati gli strumenti da casa. Validissima la chitarrista Melina Krumova, potente ed aggressivo il vocalist Georgi Ivanov, eccentrico l’altro axe man Pavel Krumov. Il loro spettacolo è incentrato su potenza e groove, ma anche su divertimento, musica e… zero immagine: nessuna apparenza, nessun look ricercato. Nemmeno la chitarrista -in quanto donna- segue la tendenza di andare sul palco con abbigliamento sexy o comunque ricercato. Il secondo chitarrista, poi, sembra un freak scappato da un manicomio, mentre la sessione ritmica sembra gentaglia che entrava ed usciva da band come Napalm Death o Nuclear Assault degli anni ’80.

I Bleeding Gods sono devastanti: grande presenza scenica, un look più vicino al black che al death metal tipo del loro sound, anche se la presenza possente delle tastiere dirige verso un sound personale, a cavallo tra i generi senza sbordare nel più blasonato blackned death. Ottimi tutti i musicisti: una band rodata che sa intrattenere e che ama stare sul palco, trasmettendo il proprio divertimento a tutto il pubblico.

Ma sono i Pestilence i signori della serata. Anche loro senza alcun look particolare, risultano feroci, possenti, comunicativi e dannatamente simpatici… oltre che ironici, una caratteristica tipica degli olandesi. L’ironia con una massiccia dose di autoironia si è rivelata in modo particolare quando è emerso un problema tecnico, uno di quelle casualità che potrebbero rovinare un concerto, alle quali l’artista può reagire arrabbiandosi, fregandosene o -come hanno fatto i Pestilence- semplicemente facendo ulteriore casino, ridendo, scherzando finendo per aumentare l’intrattenimento. La tematica del concerto era suonare l’intero “Consuming Impulse” del 1989 (all’epoca cantato da Martin van Drunen), con l’aggiunta di alcuni brani tratti da “Testimony of the Ancients” e “Resurrection Macabre”, evitando stranamente materiale più recente (ultimi tre album) o particolarmente storico (precedente allo scioglimento).

Sul palco un Mameli in forma: diretto, schietto, allegro, ma anche umile e sorridente, oltre che dannatamente tecnico e preciso. Osservare la sua mano destra scorrere su quella chitarra senza paletta è uno spettacolo nello spettacolo, e basta un confronto ottico con i suoi compagni. osservando il movimento delle dita sul manico degli strumenti. per rendersi conto della mostruosa e superiore capacità tecnica del leader.

Una serata intensa. Carica di energia. Sincera, schietta alla quale l’Alchemica di Bologna ha dato spazio e supporto attirando un buon pubblico, nonostante l’ovvio spezzettamento tra le cinque date italiane, tre delle quali a relativa breve distanza l’una dall’altra.

Una serata dove il metal sembrava più vivo che mai, lontano dalla rovina percepibile in altri eventi dalla scadente affluenza. Una serata che conferma una musica molto viva, che mostra locali che attirano e band che si divertono. Serate come questa dimostrano che nulla è ridotto a cenere. Sicuramente non i mitici Pestilence!

(Luca Zakk)