Gli alieni avevano invaso l’Italia nel 2015, poi solo una breve ricognizione nel 2017… e finalmente sono tornati dal loro viaggio intergalattico, per atterrare sulla penisola in occasione di ben tre eventi esclusivi, orientati all’esecuzione dal vivo di pezzi rari, in particolare tratti dal mitico “Aspera Hiems Symfonia” del 1996.

La creatura ‘Arcturus‘ di Sverd e Hellhammer è un animale strano: sempre in contro tendenza, una band sempre vicina al black metal, ma mai veramente dentro, nonostante qualche membro della band, Hellhammer tra tutti, sia universalmente riconosciuto come icona del genere.

Musicalmente sono una entità complessa: c’è atmosfera, c’è teatralità, c’è prog, c’è folk, c’è tradizione e c’è tanta modernità; questa realtà multidimensionale si nota non solo ascoltando ma anche guardando un loro concerto: un singer ironico che è una caricatura geniale di se stesso, un chitarrista con l’aspetto ed il look di qualche hippie cosmico che vive in una foresta incantata, un bassista dalle sembianze folk, un batterista iconico nascosto dietro una maschera ed un tastierista -la mente del gruppo- che sembra essere il domatore di questo zoo di animali esotici, il capitano di questa nave interstellare che trasporta argonauti cosmici provenienti da ignote galassie.

Ma la carovana del circo, in questa data veneta, annoverava un nutrito manipolo di giullari, acrobati e contorsionisti impegnati ad aprire le scene per i maestri cosmici per eccellenza! Vengano ‘Siore’ e ‘Siori’, lo spettacolo del circo ha inizio!

Superbi gli And Harmony Dies: la loro musica è deviata e malata, psichedelica ed isterica… esattamente con la dualità della voce del frontman. Musica per intenditori, volutamente non facile, intenzionalmente non intuibile, un percorso sonoro ultra tecnico il quale riesce a strappare la genialità del jazz per sbatterla prepotentemente dentro un contesto aggressivo!

I Pàrodos iniettano un’atmosfera intensa al contesto della serata. La loro potenza viene ancora una volta esaltata da tecnica ricercata e da un ottimo vocalist, il quale grazie ad un range vocale incisivo, spazia da un growl possente ad un clean che mi ricorda tanto gli Amorphis dei tempi di Koskinen.

Apparentemente fuori contesto in questa serata, ma essenziali per imporre una pausa alle ricercatezze tecniche, sono i ShadowThrone, i quali offrono un black metal più diretto, con molti meno fronzoli, sempre spietato e cinicamente brutale. La loro tecnica, raffinata, viene espressa con violenza, con odio, con intensa malvagità.

La conferma che con gli Arcturus è impossibile abbinare altre bands al fine di dare una coreografia univoca alla serata, viene dalla band che ha accompagnato il mostro norvegese in tutte queste date italiane: gli Shores of Null. Con il loro metal dai risvolti doom, dalla decadenza gothic, dall’energia dark metal, regalano uno spettacolo ricco di energia catalizzata in una immensa malinconia, quasi in contrasto con la giocosità da clown dei circensi, l’attrazione della serata!

Gli Arcturus sono pulsazione dinamica. Osservare la loro esibizione sul palco è un’esperienza sconvolgente. Ics Vortex ride, scherza, salta, assume pose goffe, violentando il microfono con la sua voce cristallina dai risvolti siderali. Hellhammer è la solita arma letale, ed anche i passaggi meno contorti o tirati, diventano nelle sue mani uno sfruttamento demoniaco della batteria. Knut è un autentico giullare e mentre la sua mano vola con virtuosa maestria sul manico della chitarra, il suo sguardo è perso in dimensioni colorate, popolate da creature immaginarie e pregne di suoni celestiali. Skoll è armonia totale: il suo suonare quel basso è costantemente accompagnato da un ondeggiare ipnotico, un dondolarsi sulle onde della musica, un atteggiamento che poi diventa meravigliosamente contagioso. Infine Sverd vive e prospera nel suo mondo, relegato sul fondo, quasi con il desiderio di non apparire… per poi essere l’unico dei musicisti che si intrattiene con i fans dopo il concerto.

Questa banda di freak intersiderali trasmette magia magnetica, e propone una set list capace di regalare brani come “Du Nordavind”, “To Thou Who Dwellest In The Night”, “Wintry Grey” ma anche “Master Of Disguise” o “Painting my Horror”.

Una serata maledettamente metal, ma anche assurdamente NON metal… mettendo in chiaro che ‘metal’ è un solo termine generico per racchiudere TUTTE le varianti del genere sviluppatisi negli anni.

A fine serata la scena che immagino, sogno… o che probabilmente vedo, è quella di vari operai impegnati a smontare l’attrezzatura, mentre esseri deformi o dalle caratteristiche inconsuete corrono a destra e a manca raccattando le loro cose. Ad un certo punto il tendone viene smontato e cade con uno sbuffo sollevando la polvere della terra che l’ha ospitato. Gli animali tornano nei loro vagoni, prima che questo treno a vapore inizi lentamente il suo lungo viaggio per portare questo circo cosmico verso un’altra città. O verso un’altra galassia.

(Luca Zakk)