(Peaceville Records) La one man band norvegese Mork giunge al secondo album etichettato Peaceville (la discografia annovera quattro lavori, il precedente –recensione qui– fu il debutto con Peaceville), offrendo ancora una volta del black metal puro, oscuro, dannato, pregno di sofferenza e rabbia. Questa volta Thomas Eriksen non ha ospiti di alcun tipo: tutto da solo, tutto composto e suonato in un periodo che lui stesso dichiara il più oscuro della sua vita a causa di una serie di tragedie personali. Anticipato dalla rappresentativa e soffocante copertina curata da David Thiérrée (Behemoth), questo “Det Svarte Juv”, avvolge e travolge, esalta e devasta: blast beats letali, mid tempo gloriosi, sezioni atmosferiche esaltanti, divagazioni black’n’roll, momenti malinconici, momenti melodici… un concentrato di cose pazzesche che sintetizzano con creatività e genio tutto ciò che sa rendere il black metal un genere supremo, grandioso e molto spesso tuonante, qui registrato in maniera superba, sempre incalzato da un groove carnale esaltato da linee di basso eccelse ed un drumming diretto e sanguigno. Violenta ma anche introspettiva e viscerale la opener “Mørkeleggelse”, ma è “Da Himmelen Falt” che rivela lo stato d’animo che sta dietro all’album: disperata e malinconica, tuttavia veloce e cadenzata, con un drumming tuonante e del tremolo intenso, la voce che appare su un tappeto ritmico il quale prepara per un black melodico avvolgente, con linee di basso dominanti e riff che si inseguono con rabbia ancestrale. Inquietante “På Tvers Av Tidene”, la quale si intensifica grazie a quel mid tempo dai richiami death metal che danno origine ad un headbanging privo di pietà. Epica ed oscura, melodica e raffinata, ma anche piena di un black antico, la tuonante “Den Utstøtte”. Ancora linee di basso calde che si spalmano lungo tutta la durata di “I Flammens Favn”, un brano che unisce veemenza, mid tempo, disperazione, chitarra incisiva, melodia intensa e parentesi atmosferica con voci corali. Subdola “Den Kalde Blodsvei”, trionfo del regno delle tenebre con “Siste Reis”, canzone dai tratti a-là Satyricon con una ritmica contorta che ospita anche un avvincente assolo di chitarra. Black di sopraffina fattura, truce impostazione e macilenta evoluzione con “Karantene”, prima della title track posta in chiusura, canzone contorta, con cori clean e riff a-là Burzum, una inaudita ed impetuosa esplosione di angheria disumana. Black metal puro nella concezione, nell’ideale, nei sentimenti e nella esposizione musicale. Maledizione auto-inflitta che combatte contro una contrastante forza interiore che vuole risalire, riaffermare l’io e l’autostima. Un album che catalizza la sintesi dei sentimenti più ricchi di sofferenza, diffondendo il buio assoluto e la rabbia più bestiale… trasferendo tutto questo male altrove, liberando lo spirito, per risorgere, per non morire, per combattere ancora, per affrontare il prossimo ostacolo di una vita costellata da infami demoniache insidie.

(Luca Zakk) Voto: 9/10