(autoproduzione) Hardcore, djent metal e sfondi sinfonici sono il paesaggio sonoro di questa band italiana, con elementi disseminati tra il centro e il nord del nostro paese, ormai avviata a un proprio orizzonte di stile, moderno, pulito e francamente interessant Se alcuni passaggi di “Sacrilegious” sono un miscuglio di post hardcore, djent, crossover, l’aumento della temperatura nel nocciolo di questa centrale di energia che sono gli Sharks, vedono il continuo variare delle parti delle canzoni che rendono il full length un ascolto vietato ai pantofolai. Tra le pieghe dei pezzi si assiste a qualcosa che ricorda alla lontana le trovate più istrioniche dei System Of A Down o quanto meno di Serj Tankian, di esponenti del djent e qualcosa del movimento metalcore. Prendendo poi queste figure facendole girare alla massima velocità, il risultato è la totale personalità degli Sharks. I synth sono degli sfondi che in alcuni casi ammantano i pezzi, li plasmano e danno loro un tono grigio, fosco. C’è un dramma intrinseco nelle canzoni, come se il futuro fosse qualcosa per il quale nulla valga la pena. Responsabile di ciò il concept che alberga nell’album, che prende spunto dalla saga di “The Covenant” che la band ha ideato un paio di anni fa. La storia è quella di una società segreta formatasi nel 1799, una sorta di ordine mondiale che viene eternamente contrastato da una setta, appunto chiamata “The Covenant”. Il concept dunque si evolve dal passato verso un futuro distante, strano, amorfo. Nei testi c’è anche la sapienza del cantato di Andy che oltre al mero canto urla, strilla, recita, impenna in growl vari. Poi i fraseggi di chitarra, seguiti da alcuni assoli affatto trascurabili e un muro ritmico muscoloso ma agile. Il resto è quello già scritto, cioè post hardcore, trovate geniali o sfiziose, tastiere pregne di tensione e la capacità di sapere mischiare tutto e bene. Secondo album, dopo “Promises” del 2016, un ritorno autoprodotto che si spera svegli qualche etichetta da logiche e tornaconti e metta in risalto la band.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10