(Albatros) Una rock opera letteraria. Un concept album riversato in un libro. Capitoli come sferzanti canzoni, alcune brevi e feroci nel nome dell’hardcore più ribelle, alcune con un crescendo pauroso, altre con assoli fantastici o breakdown da infarto. Un album che si ascolta tutto d’un fiato… un libro che si divora senza sosta.

‘Tratto da una storia vera’, recita la presentazione. E, diamine, la storia è certamente vera, perché è la storia dei disastri sociali, delle relazioni distrutte, delle ribellioni finite male, delle guerre perse, delle vittime di un mondo ingiusto, degli sfigati che subiscono infamia e tortura. Non importa se sei il ribelle moderno, quello contro sistema, religione, ideali o pensiero medio, o se sei il ribelle di altri tempi, quello contro un regime, quello delle resistenze che hanno lottato nella storia del mondo: alla fine o vinci, passando inevitabilmente dall’altra parte, o perdi e vieni cancellato dai libri di storia.

La vicenda narrata in questo libro è la storia del rock, di una band grunge/metal degli anni ’90, i Nationfire, una band sconosciuta… come tante altre, una band che ha acceso gli animi per un limitato lasso di tempo per poi finire inevitabilmente nell’oblio… tanto il music business si rigenera… avanti il prossimo!

Tuttavia questa piccola storia potrebbe essere la storia dei Mötley Crüe, dei Ratt, potrebbe essere un “The Crimson Idol”, potrebbe essere un “The Wall”, potrebbe essere un “The Heroin Diaries”… e forse questo racconto è in realtà la convergenza di tutti questi fatti ed opere, perché le storie di disagio sociale, di morte, di sangue, di dipendenza, di devastazione, di emarginazione, di accusa ed ingiustizia sono alla fine tutte uguali: qualcuno soffre, qualcuno la scampa per un pelo, altri scappano, qualcuno viene ucciso, qualcuno semplifica le cose a tutti e si toglie dai coglioni da solo, azzerando la gloria ed il senso di eroismo dell’estremo atto, quell’irreversibilità chiamata suicidio. È la fottuta storia dell’umanità.

Mariano è al suo secondo libro (qui trovate la recensione del primo, dove vi racconto qualcosa in più sull’autore…).

Scrivere è la sua nuova arte. Ma prima è stata la musica, in supporto della quale ha militato per anni (musicista, discografico, organizzatore…) senza sosta… tanto che molto probabilmente gran parte del libro, tutte quelle vicende crude della vita on the road non sono inventate ma derivanti da una esperienza vera, da vita vissuta, da chilometri divorati, da sudore -e forse sangue- versati.

Ma la musica rimane dominante. È la dea che guida la sua penna: i suoi libri parlano principalmente musica, anche se emergono risvolti umani, sociali e -forse- politici. La musica in questo libro non parla dei brani memorabili o dei riff catchy… parla piuttosto di tutto quello che sta dietro quel brano memorabile e quel riff che vi fa più o meno impazzire.

Alcuni capitoli del libro sono intitolati con titoli di album o brani famosi: “Hit the Lights”, “Live…In the Raw”, “Wild Side”, “For Whom The Bell Tolls”… ma dopo tutto quelle canzoni famose descrivevano -come il libro- lo schifo quotidiano, esprimendosi con rabbia inaudita, con grinta… con il rock. È un legame indissolubile.

Mariano è uno di noi. E il suo stile letterario, diretto, sporco e dannatamente street, è cresciuto in maniera impressionante, tanto che il nuovo libro è un romanzo pensato come un diario e non un diario che vuole essere un romanzo. E quel finale, al quale sia arriva con un crescendo che si va via via materializzando subdolamente pagina dopo pagina, è l’apoteosi della pazzia umana, dell’inganno, del punto di vista giusto e dell’opinione sbagliata. Di chi vince o crede di aver vinto, e -soprattutto- di chi perde. Questa è una storia di uomini comuni ma fugacemente unici, ma anche di gente qualunque, di società qualsiasi e di ingiustizie che, agli occhi di una dimensione universale, sono degli insignificanti battiti di ciglia nell’abisso dell’infinito, sono materiale per dati statitici i quali raffreddano le emozioni confinando storie vere e carnali in pagine dall’insipido sapore scientifico.

La storia dei Nationfire è la nostra storia, la storia della nostra società. E i drammi raccontati nel libro sono quelli che succedono nei sobborghi, in periferia… ma anche nell’appartamento a fianco, nella bifamiliare in fondo alla strada, nella villetta con giardino fuori città, ma anche in circoli di pregio dove all’apparenza tutto è bello, perfetto, salubre ed esente dallo schifo che divaga.

È la storia della devastazione umana. La quale è da sempre iconizzata dal rock’n’roll, estremizzata dal metal, e sputata in faccia dal grunge… oltre che dipinta in maniera sublime in questo incalzante “Ultimo Live A Bowling Green”.

(Luca Zakk)