(Listenable Records) Si apre con maestosa solennità questo album saturo di melodie, accresciuto dai suoni, dal loro propagassi e concentrarsi. Il primo attacco di chitarra è un assolo ricco di denso feeling e altro non è un frammento di “City of The Living Dead” di Fabio Frizzi. Poi I Fister plasmano il loro comporre, lo rendono una fiumana lenta ma chiara e perfettamente distinguibile nelle sue multiple sfaccettature. Un comporre che sfocia in un inno del metal “For Whom the Bell Tolls” dei Metallica, resa dai Fister ancora più immensa e possente. Qui il thrash diventa un doom preistorico, antesignano e mostruosamente deforme. La potenza, l’ossatura abbondante del trio del Missouri si manifesta sagacemente in “Mandatory Suicide” che gli Slayer hanno scritto e suonato con una maggiore agilità, ma la marcia dei Fister qui diventa necessariamente quella di un carro armato. A tanta massiccia opulenza sospesa tra doom e sludge non potevano sottrarsi i Darkthrone, omaggiati dai Fister con uno dei loro pezzi più belli, cioè “Too Old Too Cold”. Grandiosa e truce l’atmosfera per un classico di Danzing, “How the Gods Kill”, “Reaper” degli Hellhammer resa più oscura dell’originale e poi un inaspettato e sempre gradito sguardo ai Pungent Stench con la personale visione di “And Only Hunger Remains”, ovviamente tratta da “Been Caught Buttering”. Pezzo perfetto per le vanità e stili che i Fister amano mostrare. A chiudere questo passaggio in casa d’altri ecco una riproposizione di “The Failure” che i Fister usarono per uno split  con i Dopethrone e che per l’occasione hanno reinciso. Kirk Gatterer, batterista, Marcus Newsted, chitarra e voce, il bassista e seconda voce Kenny Snarzyk rinfrescano con toni scurissimi dei classici, coverizzano anche se stessi, attraverso il brano di chiusura, e spengono dieci candeline con una colata di catrame rovente. A proposito, anche il titolo è una cover, visto che è liberamente ispirato al primo doppio live album degli Slayer “Decade of Agression”.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10