(Non Serviam Records) Nuovo album e una maturità affatto nuova, semmai ingigantita per questa band che esista da solo un lustro. I ShadowThrone nascono dopo l’uscita dai Theatres Des Vampires di Steph. Il chitarrista e manovratore delle orchestrazioni, creò un progetto dal taglio musicale epico e votato a diverse sfumature del black/blackened metal, soprattutto però di taglio orchestrale. Elementi symphonic intarsiano dunque le composizioni. L’epica di questi frangenti è mistica e ancestrale insieme. Sono atmosfere che rievocano i primordi dei Covenant – ai quali i ShadowThrone hanno magnificamente fatto da spalla quest’anno – guardate QUI e leggete QUI – pur avendo gli italiani un grado di oscurità ben superiore ai norvegesi. Black metal band che da sempre ha stemperato questi toni con il blackened, creando in tal modo un’ondulazione nello stile e di sicuro nel comporre. La vera novità è al microfono, visto che l’arrivo di Zilath Meklhum, ovvero l’ex voce dei Voltumna, trasporta nel sound della band una solida varietà vocale. Zilath Meklhum mette del suo nei pezzi, piegandosi alle necessità della composizione e al contempo contribuirne a una migliore riuscita. Un lavoro non facile per nessuno della band visto che “Elements’ Blackest Legacy” supera un’ora di musica. Il trittico iniziale , “Endless Dance of the Universe”, “L’Autunno di Bacco” e “Faded and Cold Humanity”, riesce a dare un immediato esempio di cosa esporrà l’album all’ascoltatore. Symphonic black e blackened metal, death metal e grandi architetture sonore create da tastiere, come l’ultima composizione del succitato trittico, aprono a una galleria di situazioni, suoni ed estremismi inaspettati.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10