(Peaceville Records) Un ritorno dal mondo degli inferi. Sinceramente, ascoltando OGGI questo disco alla cieca, senza conoscere il nome della band o i musicisti coinvolti, appare quasi ovvio etichettare l’intero disco come una specie di clone dei primi Arcturus, primi Dimmu Borgir, passando pure per gli Old Man’s Child, senza dimenticare Mayhem ed Emperor. Ma tutto questo succede per una ragione! I Mortem, sebbene al debutto, si sono formati alla fine degli anni ’80. I membri fondatori sono un certo Steinar Johnsen, meglio noto come Sverd, ovvero il fondatore e principale compositore degli Arcturus, e Marius Vold, anch’esso nei ranghi degli Arcturus (per un singolo ed uno split) oltre che ex voce (ed ex batteria) degli Stigma Diabolicum, successivamente noti come Thorns. Ci sono teorie secondo le quali Mortem diventò Arcturus, altre teorie che negano questa progressione in quanto sembra che i Mortem proseguirono le attività e si riformarono pure a metà anni ’90, ovviamente senza Sverd e senza pubblicare alcunché. La prima incarnazione dei Mortem pubblico solo il famigerato demo “Slow Death” del 1989, passato alla storia in quanto prodotto da Euronymous in persona, con Hellhammer alla batteria e Dead come autore della copertina! Scorre effettivamente un brivido gelido lungo la schiena nel leggere i nomi coinvolti nelle fondamenta di questa band, ma pure questa seconda vita iniziata nel 2018 stupisce per una line up assurdamente intrigante: Sverd si occupa di quasi tutto (keys, chitarre), pelli e piatti sono sotto la furia demoniaca di Hellhammer, la voce è del redivivo Marius Vold, mentre il basso è in mano a Tor Stavenes, meglio noto come Seidemann… il bassista e membro fondatore con Ravn dei 1349, la band dove suona anche Frost dei Satyricon! Davvero, ascoltare questa perla di black metal è quasi un rituale, un passo indietro nel lontano passato: Sverd abbraccia già teorie avantgarde e futuristiche con i gli Arcturus odierni, quindi creare un altro progetto basato su qualche nuova direzione del black avrebbe avuto poco senso! Ed ecco che “Ravnsvart” catapulta tutti indietro di un trentennio, regalando un black crudele ma esaltato da keys, praticamente la scuola dalla quale sono poi stilisticamente emersi un sacco di gruppi a partire dai sopra citati Dimmu Borgir. In un momento di nostalgia e desiderio di qualcosa di molto più brutale, ecco che torna in vita il cadavere dei Mortem, il quale infetta il mondo con un disco che avrebbe dovuto essere pubblicato all’epoca, in quanto l’atmosfera sinistra, l’incarnazione del suono e una certa aura selvaggia sono sicuramente un insieme di elementi concepiti in quegli anni, non certamente oggi! Old-school con un tocco di originalità, collocato in una dimensione temporale non ben chiara: un disco originale congelato per decenni e finalmente tornato in vita per ricordare a tutti quale sia il vero ed oscuro sentiero di provenienza che ci ha condotto fino a qui, fino ad oggi!

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10