(Seance Records) Lenti, suggestivi ed incisivi. Il debutto del progetto austriaco Selenite crea una apparizione santificata della totale devastazione e dell’assoluto vuoto interiore. Dietro al progetto c’è Stefan Traunmüller, artista attivo con un sacco di altre idee, quali Golden Dawn, Rauhnåcht, The Negative Bias o Wallachia, senza dimenticare le collaborazioni con Nocturne e Dying Embers… quindi non certo un debutto in senso stretto, visto che la vasta esperienza di Stefan altro non fa che attirare l’attenzione su ogni pubblicazione che lo vede coinvolto in una maniera o nell’altra. Selenite è funeral doom, ovvero un death metal mortalmente lento, lacerante, devastante… con keys suggestive, voce sepolcrale, tempi rallentati ed una generale impostazione apocalittico-liturgica che lascia spazio a poche speranze di luce, vita o salvezza di qualsiasi tipo. Non a caso il progetto nasce proprio per un’idea di Stefan, fermamente intenzionato nella convergenza del funeral doom (e per doom si intende quello di alcune epoche di bands come Paradise Lost, My Dying Bride, Tiamat, The Gathering) con il death metal: certo, i Golden Dawn erano l’entità che avrebbe dovuto seguire questo percorso, solo che alla fine tale band ha assorbito diverse influenze symphonic black, lasciando la pura idea di Stefan incompiuta… fino ad ora! “Mahasamadhi” è una sintesi di tempi ultra lenti, musiche pregne di intensa oscura atmosfera, concetti depressivi e meditativi intensi, lasciando sfociare sia la componente doom che quella death in un contesto doom goth esaltante, accattivante e sensuale, riassumendo poi tale espressività in una interpretazione assolutamente deviata. Le cinque tracce sono dotate di una intensità emozionale pazzesca, specialmente nei due brani dove trova spazio anche la clean vocal femminile della cantante (d’opera) Antonia Gust. Subito drammatica e solenne “Third Eye Open”, profonda e ricca di una sublime componente sinfonica “Requiem For A Soul“. Sublime performance della clean vocal sulla pesantissima e cadenzata “Final Reckoning”, un brano dalle sonorità horror doom (italiane) e dai sorprendenti risvolti cathcy. Autentico macigno “Hidden Presence”, canzone nella quale le clean sono anche maschili, mentre è una suprema apoteosi compositiva la conclusiva “Channelling Chants From Beyond”. Un album infinitamente oscuro il quale, tuttavia, nasconde concetti luminosi (i vari significati del moniker e pure del titolo, includono libertà spirituale, umore brillante e pace interiore). Musica che nelle radici risale ai primi anni ’90, ma che negli anni non ha mai perso energia significato o energia, tanto da risultare deliziosamente vivida, acuta e viscerale, anche nella rivisitazione moderna di Selenite!

(Luca Zakk) Voto: 7,5/10