(Rafchild Records) Atteso dai fan (me compreso) fino allo squilibrio e alla consunzione, finalmente arriva il terzo album dei Wotan! E come promesso, si tratta di un’opera gigantesca: 110 minuti per 18 brani che ripercorrono completamente la ‘Nibelungenlied’. Chi scrive ha avuto il piacere di leggere il poema originale, e posso garantirvi che i Wotan hanno colto benissimo (con le dovute e necessarie semplificazioni) lo spirito tragico e grandioso delle vicende di Sigfrido, Hagen, Crimilde e Brunilde… questi 12 anni di attesa (sono davvero 12 da “Epos”!) non sono passati invano! L’iniziale “In the Land of the Nibelungs” è già sublime: epica fino all’estremo, barbarica, possente… ma anche dotata di un chorus quasi folk che si impara immediatamente. “Kriemhild’s Dream” si divide fra parti acustiche e pesanti momenti elettrici, mentre “Schilbung and Nibelung” vede un assolo scatenato da parte di Mario Degiovanni. Il miglior ritornello di tutto l’opus è probabilmente quello di “Balmung (The Gold, the Sword and the magic Cloack)”, dedicata alla spada di Sigfrido: ‘Strike, Balmung, strike! Let me hear your Song! Hear your Song!’. “Fateful Love” è una power ballad in cui i Wotan dimostrano di poter raggiungere anche toni drammatici e a loro modo passionali, mentre in “Brünhild” le opera lyrics dell’ospite sono così intense da risultare a tratti disturbanti. Nella seconda parte dell’opera, i nostri si lanciano in brani mastodontici: “The Curse of the Ring” supera i dieci minuti e alterna momenti doomish ad altri operistici, risultando solida e maestosa; “Siegfried’s Funeral March”, aperta da un movimento dell’‘Anello del Nibelungo’ di Wagner, attraversa in 13 minuti tutto lo spettro dell’epic metal più battagliero e profondo. Nel mezzo, l’urgenza di “Murder” è trascinante; e la feroce chiusa di “Kriemhild’s Revenge” (‘Fight, Blood, and Revenge! Fight, Blood, and Revenge!’) è selvaggia e primordiale. Infine, i brani già noti attraverso “Return to Asgard” sono già entrati nelle mie orecchie e oserei dire nel mio cuore: dalla serrata “Alberich the Dwarf”, con il suo refrain irresistibile, alla potente e ritmata “Deadly Challenge”, fino alla pagana e violenta “Hagen” che descrive il principale antagonista, strumento del fato contemporaneamente fiero di pagare per i propri crimini. Da anni, davvero da anni non ascoltavo in ambito epic metal qualcosa di così torrenziale, completo e mastodontico come “The Song of the Nibelungs”: un disco meritevole di stare al fianco di “Into Glory ride” dei Manowar o, per prendere qualcosa di (relativamente) più recente, “Invictus” dei Virgin Steele.

(René Urkus) Voto: 9/10