copgoatcraft(Forbidden Records) C’è un pianoforte elettrico che suona in solitaria in questo lavoro di Goatcraft. È come una nenia che monta e si plasma in melodie successive, tutte gravi, inquiete e inquietanti, fredde e oscure. Il texano Lonegoat ha concepito questi pezzi nel 2012, ma i 13 che figurano in “All for Naught” sono solo una parte di quelli che aveva originariamente composto. Come abbia deciso di scegliere proprio questi tra i tanti non so spiegarlo, tuttavia il risultato é comunque il frutto del solo scorrere delle due mani dell’autore sulla tastiera bianconera. “All for Naught” é una specie di requiem in versione classic-dark ambient, ovvero come se quel piano che si esibisce per tutti i 50′ di durata sia adagiato su una di quelle cime che si vedono in copertina e riveste con le note la notte e tutto il paesaggio circostante. Un atto minimale, privo di altri strumenti, concepito attraverso la pura introspezione. Mi viene da pensare che la sua tecnica, quella di Lonegoat, non mi sembra sopraffina, non è un Rachmaninoff che sussurra note a getto continuo e ordinandole con grazia e maestria. Lui narra con il pianoforte emozioni grigie, nervose, misantrope. La sua musica ti fa cenno di seguirla, portandoti tra stanze buie, finestre aperte sulla notte e con il pallore della luna che traccia il cammino. Un cammino che è vertiginoso, molto lungo, del quale non si scorge la fine. Non è un album per tutti quanti, ma se fosse stato così Lonegoat vi avrebbe inserito chitarre, batteria e la voce e non cedendo alla tentazione di costruire qualcosa di simile ad una colonna sonora.

(Alberto Vitale) Voto: 6,5/10