(Avantgarde Music) Dalla culla del doom più lento e devastante, dalle gelide lande che della Finlandia, arriva il terzo album del funeral doomsters Profetus. Lenti fino alla devastazione mentale, monolitici ed impenetrabili, oscuri e decadenti, tanto che la mancanza di speranza e di luce suggerita dal titolo si ripercuote con assoluta crudeltà nei cinque brani, i quali si estendono per oltre un’ora di sofferenza, tedio e totale mancanza di luce. La tristezza del tempo che passa citata nel titolo sembra rispecchiare l’eternità trascorsa dal precedente album, uscito ben sette anni fa ed interrotto solo dall’EP “As All Seasons Die” (recensione qui). Il nuovo lavoro vede la band esprimere e descrivere gli immensi limiti della vita, il tempo e la conseguente mortalità la quale conferma che tutto è transitorio, nulla è definitivo, niente e nessuno è per sempre, rifacendosi in questa riflessione a teorie orientali, evidenziate dalla copertina dell’artista giapponese Yuka Yoshihara. Il leader della band, A. Mäkinen ci ha messo ben cinque anni per partorire questo lavoro, cinque anni durante i quali l’artista sembra abbia subito perdite importanti, tanto che tutti quei sentimenti oscuri, quella disperazione mentale sono riversati con poetica bellezza in ogni singolo istante di musica, attraverso questi ritmi drammaticamente lenti, in questi concetti melodici esaltati da un organo sublime e devastati da linee vocali sepolcrali, tranne per due brani conclusivi dove emerge timidamente la guest vocalist Ana Carolina Ojeda dei cileni Mourning Sun (tra l’altro questo album vanta anche Eduardo P, sempre della band cilena, come guest alle tastiere). Lacerante la lunghissima title track. Liturgica “Nostalgia”, inquietante “Momentary Burial”. “Northern Crown” ha un feeling ecclesiastico che ricorda fredde cattedrali sferzate da piogge gelide ed incessanti, mentre la conclusiva “Tiarnia” presenta una progressione che lascia intravedere tenui lumini in tutta questa mostruosa atmosfera pregna di pessimismo ed oscurità. Un album che nella sua angoscia, in questa sua interminabile costernazione, riesce ad essere infinitamente maestoso, rivelando la celata bellezza e l’irresistibile sapore amaro di tutto quello che ha smesso di sperare, di sognare, di desiderare. E forse anche di amare.

(Luca Zakk) Voto: 8/10