(Scarlet Records) Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia da “Destination set to Nowhere” (era il 2012!) e in casa Vision Divine sono cambiate diverse cose. Fabio Lione sembra aver definitivamente abbandonato la band, e passa il testimone al dotato Ivan Giannini (in forza fra gli altri ai Derdian e agli Elegacy); già da un paio d’anni alla batteria siede Mike Terrana, che nonostante vada ormai per i 60 continua a suonare furiosamente in decine di formazioni. “When all the Heroes are dead” non deve dimostrare nulla, sia chiaro: ma se avesse avuto questa esigenza, sarebbe stata l’ennesima prova della grandezza di questa band, giunta ormai all’ottavo album in studio. Dopo la maestosa intro, “The 26th Machine” ci presenta un sound dinamico, avvolgente, sospeso fra power e prog e con un ritornello melodicamente perfetto. “Men walk on the Moon” unisce momenti trionfali, che forse possono ricordare il Turilli solista, a tracciati prog di rara potenza; incalzante “Fall from Grace”, che lascia spazio a diverse divagazioni strumentali. La quasi titletrack “Now that all the Heroes are dead” vede un maggiore apporto di tastiere solide e avvolgenti più che squillanti, mentre “While the Sun is turning black” è una ispirata ballatona con un assolo magistrale di Olaf Thörsen. “The King of the Sky” è una classica sgroppata power, mentre “300” fa rivivere con toni maestosi l’eterno mito delle Termopili; si chiude con l’elegiaca “The Nihil Propaganda”, in cui la finale recitazione dell’‘Infinito’ di Leopardi mette davvero la pelle d’oca. Mi mancavano i Vision Divine, mi mancava la loro eccelsa capacità di suonare così puliti, potenti e avvolgenti insieme.

(René Urkus) Voto: 8/10