(Sun & Moon Records) Una totale decadenza piena di speranza e di luce. La voglia di morte non più concepita come una irreversibile fine, ma come una liberazione, una rinascita, una rigenerazione, come se le tenebre non fossero più il punto d’arrivo ma il percorso dal quale si proviene, dal quale si fugge. “Tides of Despair”: maree di disperazione, una disperazione profonda, ancestrale, una disperazione che è l’essenza della vita stessa, è la forza che ti porta alla ribellione, a combattere, a rifiutare, a voler emergere in un mare pieno di ostacoli, trappole e contrasti i quali cessano di tormentare solo con l’assoluta fine, con la morte. E con la successiva rinascita. Il nono album dei Nocturnal Depression è una svolta importante, sia concettuale che logistica. Dopo “Deathcade” (recensione qui), una release che fu un punto di arrivo, di celebrazione (il decennio dell’attività live) ma anche di svolta, i Nocturnal Depression ritornano completamente rigenerati, quasi come se la band avesse davvero commesso il supremo suicidio per poi rinascere con nuove direzioni, nuove ispirazioni, nuovi conflitti interiori. Torna (resuscita?) l’altro misterioso fondatore, Herr Suizid per il songwriting e le registrazioni in studio. La line up live è completamente stravolta (Algol e Asher dei Forgotten Tomb a basso e batteria, con A.C. dei Tulpa alla chitarra solista). Lo stesso Algol ha inoltre curato mix e master, innalzando l’impatto frontale dell’intero lavoro. Infine la vasta attività live celebrata appunto da “Deathcade” porta i suoi frutti anche per quanto riguarda il paniere degli ospiti, tutti musicisti che in un modo o nell’altro hanno incrociato le strade e i palcoscenici con il frontman Lord Lokhraed. Le maree sono il primo suono, il primo vagito, che emerge dall’introduzione “Drowning Myself”, titolo esplicito per un brano che va oltre il semplice intro, dando vita ad uno strumentale nel quale il violoncello elargisce una speranzosa malinconia su un mare dalla forza indomabile. La title track è un brano dall’inconfondibile firma della band francese: linee di basso suggestive, riff decadenti, linee vocali superbe e piene di odio. Ma emerge qualcosa, c’è differenza rispetto ai lavori precedenti, il suono è meno lo-fi, è feroce ma meno letale, è più curato tanto che lascia trasparire quella forza vitale nascosta nella depressione più crudele. Il mid tempo di “Living in a Mass Grave” è micidiale: mentre il basso crea trame intricate, il riffing vanta un gusto marziale, dando spazio poi anche alla voce di Ngldogma (Perennial Isolation, Cauldron) con parentesi prive di qualsivoglia forma di luce, prima di un finale rocambolesco, furioso, efferato nel quale il black metal dimentica qualsiasi aggettivo depressivo e si scatena con ferale brutalità. Struggente ma con accenti sonori eccelsi l’evocativa “Solitude and Despair Again”. Efficace il duetto con Animæ degli italiani Darkend su “Slit my Wrists”: la voce dell’ospite si rivela in nuove dimensioni dentro a questi slow/mid tempo, dando una nuova energia al sound dei Nocturnal Depression i quali in questo brano mettono in piedi un bellissimo avvilimento uggioso che trasuda una collera atavica, un’ira con origini lontane, primordiali, animalesche, con la favolosa controtendenza rivelata nel bellissimo ritornello. “Farewell Letter” ha un gusto gotico (mi vengono in mente Lake of Tears) steso su un riffing lento e macilento, sopra il quale si materializza un’atmosfera colma di orrore, di terrore, grazie anche all’apporto dell’ospite Selvans Haruspex degli italiani Selvans. “Muse of Suicide” è tenebrosamente trionfale, lenta e lacerante, subdola grazie a keys indovinate, con Revenant (Sarkrista e Sarastus) e Graf (Psychonaut 4) che contribuiscono a rendere l’intera aura ancor più tormentata, dissacrante e malvagia. In chiusura “Reveries”, traccia che riprende l’intro, con la magia del mare in sottofondo ed un ottimo pianoforte che congeda rinnovando la malinconia, ma strizzando l’occhio alla speranza. Una nuova dimensione, una nuova provenienza, un nuovo modo di concepire quel momento fatale pregno di sublime intimità. Quel momento dominato dal silenzio dove tutto si spegne, tutto cessa, tutto muore. Quel momento sublime del passaggio, del varco, dell’inizio di una nuova vita, continuando all’infinito quel ciclo dettato dalla suprema e bestiale forza del cosmo.

(Luca Zakk) Voto: 9/10