(Beverina / Casus Belli Musica) Secondo album per il progetto one man band atmospheric black americano Ramihrdus, attivo dal 2012 ma produttivo da punto di vista discografico solo da un paio di anni. Dopo il debutto (recensione qui) più orientato ad un dungeon synth misto a black metal più feroce, il nuovo lavoro perfeziona e consolida lo stile di base e, sulla scia di bands quali Lustre, offre atmosfere malinconiche sopra riffing black, spesso incentrati su mid tempo suggestivi e coinvolgenti. Tastiere ed elettronica qui non sono prettamente dominanti, anzi si innestano in un equilibrio sonoro dove drumming, riff e voce prendono ispirazione dal DSBM, creando un impatto sonoro ed emozionale molto avvolgente. C’è molta disperazione in questi brani i quali parlano della natura, dell’impatto umano sulla stessa, la quale viene minacciata e torturata nonostante il suo apparentemente infinito ed inarrestabile ciclo, scandito dal susseguirsi delle stagioni. Un altalenarsi di sofferenza evidenziata dal growl e di illusione mista a spirituale bellezza, grazie a cori di voci dominate da quelle femminili, voci che a volte emergono per dare una speranza luminosa ad eventi altrimenti tragici. Marcato sapore folk su “Mistress Of The Frigid Night”, mentre “The Forest Will Weep” si rivela suggestiva ed in qualche modo legata a quella malinconia tipica del passaggio tra stagione calda e fredda. Oscura ma pregna di suoni sublimi “Red Embers”, lenta e piena di poetica sofferenza “Midnight In Autumn”, pura malinconia mista a disperazione con l’ottima “Yunalesca’s Moon”, un brano con linee vocali harsh molto seducenti. “Springtime In The Valley” inebria con gli archi, mentre melodie sublimi sono supportate da un drumming depressivo, con le tastiere che si ispirano ai già citati Lustre. La conclusiva title track “Midsummer’s Twilight” torna all’essenza della natura: tra arpeggi cupi emergono i suoni dello scoppiettio di un fuoco (oltre che suoni di un bosco nella conclusiva parte catalogabile come ghost track), mentre la progressione del brano abbraccia una speranza ricca di tristezza ma non ancora sconfitta. Un black equamente graffiante ed atmosferico, immensamente drammatico e deliziosamente malinconico. Un inno alla natura, alla sua bellezza, alle sue ferite… alcune guaribili, alcune irreversibilmente mortali.

(Luca Zakk) Voto: 8/10