(Season of Mist) Vecchia volpe Tamás Kátai. Al suo nono appuntamento discografico, non delude e si lascia andare a divagazioni intense, sublimi, destabilizzanti. I confini violati nel precedente “Geometria” (recensione qui) vengono stravolti ed ancora una volta i Thy Catafalque fanno un passo avanti, ma anche di lato, deviando da qualsivoglia previsione. “A Bolyongás Ideje” è semplice e diretta, suggestiva ed inquietante. Ma è “Tsitsushka” a portare la luce, la rivelazione, l’essenza e la potenza compositiva ed esecutiva del progetto! “Tsitsushka” è ambient, è avant-garde, è funk (per gli dei, quel basso di Badó Rét e, dannazione, e quei fiati… mi fa morire il trombone di Zoltán Pál, il divino sax di Péter Jelasity…), è spazio, è terra, è groove, è coinvolgimento assoluto… così naïve… come tutto questo irresistibile disco! “Embersólyom” ha una visione più prog-ambient: natura e digitale che inseguono con energia e desiderio, divagando su sonorità orientali, grazie all’oud di Vajk Kobza le le voci femminili molto erotiche, spingendo verso un black metal ultra tecnico e sorprendente. Metal tagliente su “Számtalan Színek”, un metallo sferzato dagli archi sublimi di Gábor Drótos, specialmente con violoncello e viola, i quali creano una trama di oscurità impenetrabile. “A Valóság Kazamatái” apre in una dimensione lontana, molto elettronica, ma anche molto carnale, estremamente heavy rock, quasi industrial, mentre “Kék Madár (Négy Kép)” torna a sonorità etniche, progressive, contorte e stimolanti. Digitale e piena di immaginazione “Napút”. “Vető” è death metal coronato da sublimi voci femminili, con evoluzioni spaziali scolpite da ritmiche travolgenti e da un basso che su impone una decisiva superbia. La conclusiva “Szélvész” è troppo variegata per essere descritta: emergono spunti orientali, scorribande heavy metal, imposizioni ambient, suggestioni pop, parentesi jazz, tanto per dimostrare senza alcun dubbio l’eterogenea indole creativa del progetto. Tamás si lascia andare. Ormai non deve rispettare più alcun limite, alcun confine, alcuna regola. Con “Naiv” riesce ad ipnotizzare, ad imporre uno stato catatonico, ma anche a risvegliare, a stimolare, offrendo atmosfera e suoni etnici, torturati dal prog ed incentrati con sublime efficacia in trame dal gusto death, dall’ispirazione meravigliosamente black!

(Luca Zakk) Voto: 10/10