copfacedown(Autoproduzione) I parigini Face Down nel giro di soli tre anni hanno dimostrato una maturità galoppante. Dopo un iniziale EP ecco il debut album, inciso con un nuovo cantante, Byron, inglese ma di origini spagnole che con la sua voce ben si sposa a questo sound selvaggio e fatto di un southern-groove-thrash metal, anche se c’è un senso di hard rock che pompa continuamente la sua essenza in molti riff rivestiti da un groove degnamente di tipo sludge. “The Long Lost Future” è un album rovente, la produzione è chiara, gli strumenti si esprimono bene e con energia. Le melodie regnano ovunque, in questo alternarsi tra parti southern, riff semplici e spontanei e cadenze marcate e pesanti. Ascoltando i Face Down si può pensare che provengano dal Texas o dall’Arizona e invece sono il prodotto della vecchia Europa; la loro attitudine è quella della di masticare prima e sputare poi un modello sonoro fatto di pesantezza perennemente spinta in dinamiche fluide. Il risultato sono canzoni che diventano feroci e spigliate. I migliori esempi sono “N°1 Must Die”, “Lone Ranger” e “Horse Power”, c’è anche “Evil Blues”, la strumentale di chiusura che precede una ghost song. “My Last Tequila”, “Smoke Coat”, “Kiss of Death” invece sono tra gli esempi più lampanti di un southern thrash metal, lontanamente alla Pantera e Crowbar, nomi fatti per dare un’idea del clima sonoro. Sonorità non nuove, ma cesellate, affinate. Sonorità piacevoli, trascinanti, coinvolgenti. Sonorità mature, come se la band fosse operativa da una decina di anni e invece nasce solo nel 2010. I Face Down potrebbero essere il prossimo esempio di esportazione della variegata scena metal francese.

(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10