(AFM Records) Avevo già denunciato, recensendo “Magic”, un certo calo di ispirazione dai parte dei Serious Black: voglio dire, massimo rispetto per chi è rimasto della partita (da poco si è aggiunto Ramy Ali, Iron Mask ed ex-Freedom Call), ma il progetto ha visto passare nelle proprie file Roland Grapow, Thomen Stauch, Bob Katsonis, Alex Holzwarth… forse non possiamo più definirlo un ‘supergruppo’. “Suite 226”, concept legato ai deliri di un internato, ha lo stesso ‘difetto’ del suo predecessore: (quasi) tutto fila liscio, ma l’insieme non presenta eccezionali motivi di interesse. L’inizio è solido e arrembante con il power tastierato e un po’ teatrale di “Let it go”; si passa a un hard rock grintoso con “Solitude Etude”, quindi “Castiel” è uno di quei brani con la sezione ritmica incalzante e ritmata, atta a generare un crescendo. Trascinante “We still stand tall”, la suite finale nonché titletrack fa il suo lavoro con qualche sinfonismo, ma non decolla veramente… Qualche brano è davvero banalotto (ad esempio “Heaven shall burn”, ma anche la ballad “Coming Home” suona fiacca), e si finisce per ritrovarsi di fronte a un disco tutto sommato esile. Urban Breed ha ancora una grande voce, ci mancherebbe, ma senza un songwriting solido alle spalle non si possono fare miracoli.

(René Urkus) Voto: 6,5/10