(Heavy Psych Sounds Records) Otto anni gli anni passati da “Hell Comes to Your Heart”, ultimo album dei Mondo Generator. Dopo di allora un singolo e una compilation e poi Oliveri ha fatto un po’ di cose in giro, eppure i Mondo Generator sono una sua creatura che da tempo si attendeva potesse riprendere la sua marcia. Il tempo passa ma Oliveri resta e questa volta con l’ex Kyuss ecco Mike Pygmie (suona con John Garcia and The Band Of Gold, dunque un altro ex Kyuss) alla chitarra e Mike Amster (dei Nebula) alla batteria per affiancare il suo basso e voce. I tre si mettono a proprio agio e danno spazio all’eccentrica e ironica visione delle cose di Oliveri, nella quale chitarra e batteria formano insieme un’ossatura ben solida e concreta. Dunque se Oliveri ci ha messo del suo, l’impressione è che gli altri due abbiano trovato il loro posto e in maniera comoda, sbrigandosela in maniera egregia. Se “Nowhere Man” apre in maniera canonica l’album, nel senso che sono i Mondo Gnerator a suonare e si riconoscono subito, la successiva “Up Against the Void” è un grunge-punk nettamente spiazzante. Però tutto l’album spiazza perché i Mondo Generator non fissano delle coordinate precise nei pezzi. Lo stoner e un po’ lo sludge sono la massa pesante del tutto, però con “Turboner” i Mondo Generator spingono, si esaltano ed esaltano al pari di “It’s You I Don’t Believe”, pescando da un punk arso e spedito. I Mondo Generator essendo una personificazione dell’arte di Oliveri, sono di conseguenza un’entità festosa, dinamica che offre anche delle cavalcate continue e sbarazzine. Roba che potrebbe apparire ‘easy’, al contempo con qualcosa al di sopra delle righe. La title track che potrebbe sembrare la rivisitazione dei Faith No More di un tempo! Un momento esemplare dell’osare di Oliveri e soci è “Silver Tequila/666 Miles Away”, allucinata, graffiante, distorta meravigliosamente, appunto una composizione in due parti che mostra due momenti diversi. “Fuck It” non dà pace, non si ferma mai. Musica veloce o in mutamento, spesso istrionica, drumming sostenuto e volubile, basso verboso, la chitarra è forte, spessa, agile. Insomma, è qualcosa di particolare “Fuck It”, pur dimostrandosi una chiave di lettura sopra le righe dello stoner e parimenti del punk. Otto anni sono tanti, ma qualcosa di nuovo almeno per se stessa, la band e Nick Oliveri, l’hanno fatta per davvero.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10