(Fastball Music) L’album è un concept ambientato nell’est del nostro continente, in un villaggio nel quale una donna viene accusata di essere una strega, la sua famiglia viene torturata e uccisa e lei chiede aiuto contro i violenti cristiani al dio dell’inferno. Diventa la strega dei ratti e dei corvi e per  vendetta rapisce i bambini del villaggio. Li sacrifica per poi rianimarli, con i ratti e i corvi che si alimentano delle anime degli infanti. In tal modo diventa anche la strega dei Lilium, appunto i nuovi bambini avviati alla ricerca di altri loro coetanei. Aleister Sinn, voce, chitarra, nonché fondatore della band heavy/thrash metal band californiana, ha sempre scelto tematiche horror. Infatti il primo full length di sei anni fa “Ascent from Hell”, era un concept a tematiche da brivido, nel quale vi ha partecipato Paul Bostaph (Slayer). Questo secondo album dei From Hell presenta sonorità oscure, le cui trame sono fondamentalmente dell’heavy metal con parti anche più possenti, che diventano esempi dei primi fasti della Bay Area e con rimandi moderni soprattutto nella seconda parte dell’album. “Rats & Ravens” ha un suo timbro, la sua atmosfera, in un certo qual modo un suo stile. Potrebbe essere un album degli anni ’80, però con suoni e soluzioni moderne. Sinn, ovvero George Andersson, insieme al collega di sei corde Steve Smyth (ha militato nei Nevermore, Dragonlord, Testament, Forbidden e tante altre band) si esibiscono in una caterva di assoli di ottima fattura. Spesso nel suonarli l’uno segue l’altro, cioè un po’ alla vecchia maniera quando nei pezzi appunto al termine dell’assolo di un chitarrista, iniziava subito quello dell’altro. L’atmosfera è accresciuta dalla storia che cola nelle pieghe del sound dei From Hell. Eppure esistono momenti della narrazione dove la musica non riesce a essere brillante, con il lavoro dei quattro che suona piatto. La prima parte dell’album vede dei pezzi molto heavy e speed metal con esempi di thrash metal, che a tratti ricordano cose di Death SS, Nevermore, Iron Maiden. Posto il comparto chitarre, i ritmi sono di Wes Anderson (ha suonato con Les Claypool dei Primus, Blind Illusion e altri) che con i tempi diventa il motore soprattutto nel caratterizzare le seconda parte dell’album. Al basso c’è il sempre ottimo Stephen Paul Goodwin (lo si ricorderà per i suoi lavori con Vicious Rumors, Eric Petersen e molti altri). Per Anderson c’è anche un lavoro supplementare del cantato, che con quel suo tono stridulo e ringhiante è lo specchio perfetto del clima delle canzoni.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10