(Arising Empire Records) È un po’ romantico il fatto che certi rockers storici, giunti ad un certo punto nella propria carriera, invece di cercare di compiere il prossimo passo verso l’olimpo decidano di ricominciare da zero, offrendo la loro esperienza e fama ai… figli! Lo ha fatto Phil Campbell dei Motörhead mettendo in piedi i Phil Campbell and the Bastard Sons, ma Anders Johansson non è da meno! Dopo una carriera alle pelli per il maestro Malmsteen, per i mitici Hammerfall, per il suo progetto solista omonimo e, dopo una comparsa negli Stratovarius, negli ultimi tempi anche per i gloriosi Manowar, Anders mette in piedi una power band moderna con i due figli Kalle (basso e keys) e Niklas (chitarra), chiamando al microfono la voce variegata di Mike Andersson (Cloudscape, ex Planet Alliance, Fullforce). Tutto è nato da alcuni brani composti dai figli, un metal potente ma ricco di modernità, una cosa che lo stesso Anders ammette di non saper comporre, dato il suo gusto più vintage dettato dall’età e dall’esperienza. Tendenze epiche e tirate aggressive con la title track in apertura, un brano che mette subito in mostra quel connubio tra power di matrice fok/Hammerfall e metal moderno. Intensa, suggestiva e con melodie vocali avvincenti ”Misled”. Sonorità moderne, le quali arrivano al digitale, ma costruite su riff classici emergono da ”The Fairies Dance”, mentre effetti e metal giovane di tendenza gotica prendono il sopravvento con classe e qualità su ”Coming Home”. Molta elettronica sull’aggressiva ”It Ain’t Over”, uno dei brani che offre più spazio allo stile eclettico del vocalist, seguita da ”As I’m Falling” che ne segue i passi, aggiungendoci quel tocco dal gusto glorioso. Contorta ed imprevedibile (emergono pure dei fiati) ”Sweet Vendetta”. Folk spinto su tempi tirati con “Animals”, mentre su ”Remember” torna il power metal dal sentore glorioso e dalle divagazioni aggressive, accentate da un growl tagliente di stampo metalcore. Nervosa, provocante ed epica ”To The Bottom”. Spensierata, tecnica ma anche in qualche modo inquietante “Impolite”, mentre la conclusiva “Wish Upon A Star”, offre aperture tribali, marcatamente folk, sempre in un contesto di modernità molto ben riuscito che esalta un sentimento in qualche modo struggente. “We Will Rise” è catchy, energetico, vanta radici classiche ma è anche decisamente moderno per certe divagazioni a base di synth. Un ponte di collegamento tra il power metal, l’hard rock… per lo zampino di Anders… e un metal più moderno, vagamente commerciale, ricercato e fresco… e questo sicuramente per mano dei figli!

(Luca Zakk) Voto: 8/10