copzaum(I Hate Rec.) I Zaum sono un duo canadese formato da personaggi canadesi più o meno noti: Christopher Lewis, frontman degli Iron Giant, e Kyle A. McDonald, il frontman dei Shevil, il quale suona il basso e canta, oltre a cimentarsi con trame del sitar ed effetti di ogni tipo. Il sound dei due è davvero atipico. C’è dell’esotismo in questo mantra doom che rievoca scenari e storie dell’antico medioriente. Siamo tematicamente vicini a civiltà che ora ritroviamo in rovine sepolte dalle sabbie. Siamo in presenza di un doom fatto di melodie e suoni ancestrali. Psichedelia che deborda, se non addirittura una versione, si permetta l’ardito paragone, delle atmosfere dei Popol Vuh più sacrali. Immaginate le sonorità inventate da Fricke e soci e trasponetele in una versione desertica e metal, desolata e mistica di quelle sonorità e otterrete qualcosa di appena simile ai Zaum. Sperimentazione, questo è “Oracles”, ma la sperimentazione non tutti sanno farla eppure i Chris e Kyle ci provano con quattro pezzi dal minutaggio sostenuto. L’apertura di Zealot (quasi tredici minuti) è seguita dalla vacua e spirituale “The Red Sea”, oltre tredici minuti e mezzo che farebbero gola alla colonna sonora di un “Il Thé nel Deserto”. “Peasant of the Parthia” ricorda le seducenti e progressive idee dei The God Machine. In questo brano i Zaum ci sono dannatamente vicini e forse anche in “Omen”, la quarta suite dall’andatura ipnotica, dall’atmosfera di un rituale, dalla sinuosità del ventre di una danzatrice delle sabbie. Tutto attraverso scenari ancestrali, antichi. Perduti. “Oracles” è davvero un mantra, ma dalla struttura composita, con sfumature enormi, momenti infiniti, cambi sotterranei. Sonorità da incanto, da straniamento dei sensi. Sonorità che permettono di viaggiare o magari annoiarsi, per qualcuno, ma è fin troppo evidente che i Zaum sono qualcosa di unico.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10