copmajesticdownfall(Chaos Records) Un tempo diffusi quasi esclusivamente nell’ambito estremo, gli split si stanno ormai affermando a 360°: credo convengano a tutti, band, promoter e etichette, ed ecco quindi il secondo prodotto di questo genere che mi capita fra le mani quest’anno ad avere a che fare con il doom. La grande particolarità di questo disco è che dura 67 minuti (!): di solito uscite di questo tipo sono molto più brevi, ma il genere, come è noto, impone tempi lunghi… partiamo dai tre brani Majestic Downfall, one man band messicana capace di creare atmosfere decadenti ed energiche allo stesso tempo: il growling di Jacobo Córdova è a tratti quasi gorgogliante, il che contribuisce molto a incupire l’atmosfera, e non mancano nel sound passaggi estremi ben oltre i confini del black. I MD hanno all’attivo già tre dischi (due con la nostrana My Kingdom Music) e sembrano avere tutte le carte in regola per convincere gli estremisti del doom; tuttavia togliere una manciata di secondi per brano (sono tutti superiori ai dieci minuti) snellirebbe certamente l’insieme. Abbastanza differente l’impianto sonoro di The slow Death, australiani con due full-“length” alle spalle: doppia voce (clean e femminile e un altro profondissimo growling maschile), atmosfere più rarefatte, vaghi tocchi gotici e una aderenza più stretta al death/doom di metà anni ’90 (ovviamente si pensa ai My dying Bride). Mandy Andresen non è sempre perfetta nel cantato, ma in generale anche la band australiana merita un plauso, pur se la ‘battaglia’ mi sembra vinta dai Downfall.

(René Urkus) Voto: 7/10