copTaatsiFL(Forever Plagued) Dopo il demo, ecco il full “length”: il duo finlandese M (ex Wintermoon) e A (dei TKNKNTJ) si abbandona alla creatura assoluta, totale, dando libero sfogo agli anticipi perfettamente percepibili nell’ottimo demo “Season of Sacrifice”. Siamo nel territorio oscuro e malvagio del black metal: un black metal legato a natura, folkore, ma sempre perverso, malefico, ricco di intensità espressiva. I Taatsi materializzano un qualcosa che mi attira: il loro è sostanzialmente un symphonic black, considerato l’uso intenso delle tastiere, di atmosfere che circondano gli scenari che loro riescono a creare. Ma a differenza del symphonic convenzionale, sono una certa rabbia, una certa crudezza e una certa brutalità le sensazioni che emergono durante l’ascolto. La parte sinfonica, le tastiere, anche se molto presenti non prendono il dominio, lasciando che l’album si sviluppi su ritmiche lente e pesantissime, su linee vocali aggressive e molto curate, su riff lineari ma coinvolgenti sempre accerchiati da un’ottima componente melodica costruita dalle chitarre. C’è molto folklore, molta ricerca dell’io disperso all’interno della vastità e la supremazia della natura (il moniker ha origini da una pietra sacrificale in Lapponia). C’è molta componente che porta ad un atteggiamento maestoso. C’è una perversione sonora veramente intelligente. L’interessante opener paga tributo a bands quali Old Man’s Child, ma è seguita da “A Moonlight Journey Through The Midwinter Forest”, canzone che attira la mia attenzione: sembra di ascoltare il lato deviato, il lato oscuro di una fiaba. Costruita su un riff pulsante, cadenzato, ipnotico riesce a creare momenti carichi di suspance, il tutto canalizzato in una trascinante spirale di pazzia, di alienazione mentale, di abbandono del corpo. Gli ululati che emergono a metà pezzo, durante una sessione dominata dal synth, intensificano questa fiaba a finale tutt’altro che lieto, dove non c’è oro e felicità, piuttosto sangue e morte. “Gateways Of The North” apre rilassante: arpeggi di chitarra acustica, versi di uccelli, portano la mente lontana, verso una pace, verso quel nord mitologico. Un nord che diventa improvvisamente il portale verso gli inferi, inferi costruiti da una tastiera intimidatoria, un tremolo micidiale, per poi sfogare ogni odio su ritmica lenta e mortale, linee vocali mai estreme ma ricche di condanna, prive di speranza. Punto di incontro tra certi riff death e black con il mondo del symphonic è ciò che presenta “Beneath The Hills They Sing”: un pezzo decadente nel suono, dell’evoluzione, nel cantato. Sembra un testamento di qualche entità dispersa nella vastità delle foreste, una entità che sta per porre fine alla sua esistenza, con rassegnazione ed obbedienza. Coinvolgente anche “Circle Of The Firmament”, nella quale il versante symphonic aumenta di intensità, di presenza. Immensa la cover, non certamente convenzionale, intitolata “Funeral March Of Hintriikki Peltoniemi”, ovvero il pezzo basato sulla composizione folk “Peltoniemen Hintrikin surumarssi”, qui proposta dai Taatsi in versione strumentale. La conclusiva “Hunts In The Night’s Mind” aumenta il livello di rabbia e potenza, ma integra anche certi passaggi dove l’ensemble degli strumenti e della voce riesce a costruire dettagli non consueti, attraenti, contorti e decisamente coinvolgenti. I Taatsi non vantano una originalità particolare, ma hanno idee chiare, molto interessanti, suonano veramente bene, compongono con gusto e rimangono fedeli ai loro ideali, alle loro tematiche… sviluppandole egregiamente anche a livello sonoro. “Amidst the Trees” è un ottimo album, tutt’altro che banale o noioso. L’atmosfera che materializza porta l’ascoltatore dentro gli scenari interpretati dalle canzoni, offrendo un senso di perdizione, di abbandono, di fuga; una fuga verso una vastità senza confini, una fuga verso una magia oscura, una natura dominante dove noi tutti siamo l’elemento debole. L’elemento sacrificabile.

(Luca Zakk) Voto: 7,5/10