copShadowOfTheTorturer(Memento Mori) Qualcuno forse ricorda il massacro di Jonestown (Guyana, in Sud America) datato 1978. Sulla vicenda si è detto di tutto. Erano dei fanatici? E cosa era Jonestown? Era una prigione? Un progetto utopistico? E cosa era esattamente il Tempio del popolo? Online viene definito come un movimento laicale di volontariato, con connotazioni politiche socialiste e della chiesa cristiana protestante dei Discepoli di Cristo. Dalla fondazione del movimento negli USA, circa un migliaio di persone si trasferirono in una nuova città, circondata dalla giungla, in Guyana con “l’idea di trasformare questa comunità in un paradiso in terra: i membri venivano indottrinati con linguaggio millenaristico e tecniche di lavaggio del cervello da comune nordcoreana, coloro che abbandonavano la comune venivano definiti disertori ed esisteva una polizia informale per ostacolare, se non rendere impossibile, la diserzione” (cit.). Ma non finì molto bene. Una delegazione del congresso americano andò a Jonestown per far chiarezza su una ipotetica condizione di permanenza non volontaria dei “cittadini”. E fu l’epilogo. Complotti? Politica? Estremismo? Fanatismo? Quel che rimane, teorie del complotto non comprese, è il numero di morti che questo suicidio-omicidio collettivo ha provocato: 918 adepti, compresi 219 bambini. Ma questo (ipotetico) suicidio collettivo come è nato? Come si è svolto? Come si è compiuto? E’ questo mostruoso lato oscuro della vicenda, il lato psicologico, il lato più recondito appartenente a menti umane esaltate, è questo insieme di deviazioni il concetto alla base di “Dronestown”, album degli americani “SOTT” uscito originariamente in vinile nel 2013, ma riproposto su CD a metà 2014. Questo terzo lavoro è tremendo: il doom viene esaltato. La morte viene inneggiata. La lentezza lacerante viene glorificata. Cinquantacinque minuti morbosi, i quali oltre alle due lunghissime tracce del lavoro originale (mediamente lunghe 20 minuti ciascuna) è compresa anche quella pubblicata nello split con i tedeschi Ghost of Wem, uscito sempre nel 2013. Cinquantacinque minuti di doom atmosferico, realista, soffuso, crudele, un perfetto veleno che invita alla morte, che crea un perverso desiderio di fine, di vene tagliate, di cappi penzolanti, di odio verso il prossimo giorno il quale non sorgerà mai. “Indianapolis-Ukiah” è incisiva, graffiante, crudele; offre “singing” estremo, occulto, sofferto. “We are a Righteous People-Guyana” offre riff tetri e massacranti sempre spalmati su samples audio di persone che parlano, pregano, diffondono informazioni e regole… quelle direttive che hanno inizio in una situazione da sogno per terminare in un epilogo da incubo. La bonus track è ancor più lenta e pesante: verso la parte conclusiva prende sostanza, ma in realtà è un palese aumento della crudeltà. I tre pezzi messi assieme sono assolutamente letali: tolgono speranze, negano la luce, vanificano le preghiere, offendono l’esistenza. Proibiscono la vita.

(Luca Zakk) Voto: 7,5/10