copSylosis(Nuclear Blast) Quarto lavoro per i Sylosis, quartetto Britannico non molto conosciuto nel nostro paese, ma che già vanta un buon seguito un po’ ovunque, avendo suonato con realtà affermate come Killswitch Engage, Trivium e Lamb Of God. La band Inglese capitalizza quanto di buono realizzato nei dischi precedenti realizzando l’album più completo della loro carriera. Non è impresa semplice catalogare in un unico genere la proposta musicale di questo combo. La componente principale è un thrash moderno, che si apre a sonorità progressive, stacchi melodici e sfuriate al limite del death metal, strizzando l’occhio al death melodico di stampo scandinavo. Pur essendo piuttosto differente per quanto concerne il sound, possiamo accomunare l’attitudine dei Sylosis con quella degli ultimi Machine Head. I brani sono variegati, ognuno con la propria personalità, ma riconducibili ad un gusto compositivo ben definito. Possiamo trovare canzoni più dirette ed aggressive, come “Victims And Pawns”, song caratterizzata da un riffing incalzante e assoli vorticosi, con stacchi melodici dal sapore classico, un po’ alla Machine Head, appunto, come pezzi più cadenzati e maestosi, per esempio l’opener “Where The Wolves Come To Die”. La title track si apre con un’intro sinfonica dal sapore cinematografico che lascia il posto ad un riff stoppato alla Fear Factory, prima dell’accelerazione tipicamente thrash, inframmezzata da stacchi melodici, assoli e armonizzazioni; verso la fine parte un drumming tribale, prima della ripartenza aggressiva. “To Build A Tomb” ha un incedere lento e maestoso, con le chitarre che intrecciano melodie e armonizzazioni non molto lontane dal Devin Townsend più progressivo; nell’ultimo minuto e mezzo, il pezzo cambia radicalmente, con un nuovo riff thrash violento e trascinante. Sugli scudi “Indoctrinated”, aperta da un dolce arpeggio, dopo il quale si scatena il massacro, con ritmiche martellanti e chitarre che macinano patterns furiosi e assoli velocissimi iper tecnici. “Mercy” è un’accattivante galoppata, stemperata da melodie che non ne attutiscono l’impatto, mentre le vocals si alternano tra un growling bestiale e parti pulite e baritonali. Molto particolare la conclusiva “Quiescent”, dominata da chitarre acustiche e voce pulita, che intona una melodia triste, su cui si insinuano momenti elettrici con raw vocals e intrecci chitarristici dal retrogusto gotico. Un album che richiede diversi ascolti per poter essere apprezzato completamente, talmente è ricco di sfaccettature, che pian piano affiorano e si fissano nella mente. Ma una volta assimilato, questo “Dormant Heart” stazionerà in maniera stabile nel vostro lettore.

(Matteo Piotto) Voto: 8,5/10