copaghasta(Revalve Records) Denny Di Motta e Lisa Lee debuttano con “Imaging”, selezionando stili di genere noti e idee personali. Banale accostare il duo a sonorità di tipo female fronted band (tipo Evanescence o Lacuna Coil), infatti è il caso di andare ben oltre queste semplificazioni, tentando di capire a fondo “Imaging” e i musicisti che lo hanno realizzato. Lee è una voce essenzialmente bella e melodiosa e con margini di talento. Di Motta è agile con la sua chitarra e non usa sempre riff pesanti, forse a tratti vi rinuncia del tutto, espediente che in alcuni momenti aggiunge scorrevolezza alla musica. “Angels Can’t Love” è una canzone superbamente arrangiata e vede la presenza di Mark Basile dei DGM ad affiancare la Lee. Melodie possenti e a volte epiche, in qualche misura fiabesche e incantate, come in “When Winter Will Come Back”. Significativa “Stream of Awareness”, dove orchestrazione, melodia e la Lee raggiungono un compromesso espressivo pressoché perfetto. Il duo di Vallo della Lucania esibisce anche una composizione in italiano, la superba “Muto Inconscio”, modellata su un tema sonoro di Antonio Vivaldi. Sebbene gli Aghast Afterglow suonino trionfali parti sinfoniche con squarci di lieve elettronica, oltre a una più generale maestosa costruzione musicale, il duo avrà in futuro il tempo per rendere il songwrating totalmente maturo, perché non tutti i pezzi funzionano immediatamente all’orecchio. Il lato prog deve essere più scorrevole, ma in fatto di melodie ha già il suo bagaglio. Da rivedere la scelta di Di Motta quando la chitarra si mette incredibilmente troppo dietro alle orchestrazioni: questo lascia la musica esprimersi nettamente su un lato symphonic-gothic, ma meno su quello metal. Tuttavia potrebbe essere questa un’esigenza o un qualcosa di voluto. Un ultimo appunto su Lisa Lee. Durante l’ascolto sovviene qualche dubbio sulla sua bella voce, la quale forse non è totalmente adatta ad ogni sfumatura di questo power, symphonic, dark e gothic metal. A Lisa è chiesto di variare a più riprese il suo cantare nell’album e questo è possibile perché lei può farlo. Ha le doti, eppure per la Lee dovrebbe essere la musica al suo servizio e non il contrario. Paradossalmente una delle performance migliori della cantante è la cover di “Hot Stuff” di Donna Summer. Un pezzo che suona in un modo ben diverso rispetto agli schemi usati nell’album. Osservazioni marginali, perché il potenziale espresso dal duo campano è comunque notevole e può ben impressionare gli appassionati del genere.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10