FotoStormwolf1A pochi giorni dall’uscita di “Swordwind”, debutto dei genovesi Stormwolf (QUI la recensione), ci ritroviamo con Francesco Natale (chitarra) ed Elena Ventura (voce) per quattro chiacchiere sul disco, la band e l’heavy metal in Italia… con una piccola anticipazione sul futuro della band. Buona lettura!

Salve Francesco, salve Elena, anzitutto grazie per il vostro tempo! Cominciamo con una canonica presentazione della band?

Francesco: Grazie a voi per lo spazio concesso!

Io e Elena ci siamo incontrati per un fortunatissimo caso nel 2013. La sentii cantare e rimasi senza parole. Senza por tempo in mezzo, praticamente senza neppure presentarmi, le chiesi se voleva registrare un disco alla stesura iniziale del quale stavo lavorando e per il quale volevo ad ogni costo una voce femminile. Dopo essersi chiesta per qualche secondo “Ma chi è ‘sto pazzo?!?” accettò e qualche settimana dopo ci trovammo in studio. Mark lo conosco da vent’anni ed è, senza ombra di dubbio, il mio bassista preferito: è stata una scelta naturale coinvolgerlo immediatamente. Con Jack suonavo già (e suono ancora) nei Burnout, cover band HM/HR e ne conoscevo quindi le qualità tecniche e personali: molto giovane (appena 18 anni) ma serio e preparato.

Come si deduce dalla nostra recensione, ho apprezzato – e non poco – il debutto degli Stormwolf… ma come mai questa scelta di inserire ben tre cover in scaletta? Non sarebbe stato meglio offrire altri brani inediti?

Francesco: Inizialmente le tre cover presenti sul disco dovevano semplicemente servirci come “testing ground” prima di lavorare sul materiale originale. Elena non aveva mai affrontato il contesto Heavy Metal prima, quindi, anche per metterla più a suo agio e per valutare l’efficacia del suo cantato in un nuovo scenario le proposi di studiarsi queste tre cover. Il risultato mi entusiasmò a tal punto che decisi di inserirle sul lavoro finito. Mi diverte ancora molto, per altro, suonare e riarrangiare cover, oltre a piacermi l’idea di rendere omaggio a gruppi che hanno rappresentato e rappresentano molto nel mio percorso musicale.

Elena: In effetti essere partita dalle cover mi ha aiutato a trovare rapidamente le giuste coordinate per inserirmi con naturalezza e fluidità in un contesto per me alieno, fino ad allora. Inizialmente, prima di entrare in studio, ammetto che avevo qualche perplessità, qualche dubbio e un briciolo di timore. Tutto sparì appena mi trovai davanti al microfono, sentendo fluire in me l’energia intrinseca ai brani, sia originali (che restano comunque i miei preferiti) che cover. Penso, inoltre, che reinterpretare delle cover sia importante, perché evidenzia la capacità dei musicisti di personalizzare queste canzoni, renderle proprie e mostrare, anche in questo modo, la propria specifica cifra stilistica.

FotoStormwolf2Francesco, parliamo ora della tua tecnica chitarristica, che mi è sembrata molto varia. Ci sono modelli a cui ti ispiri in particolare? Come si è evoluto il tuo stile?

Francesco: Sicuramente il mio chitarrista preferito, ora e sempre, resta Eddie Van Halen. Decisi di iniziare a suonare chitarra elettrica dopo aver ascoltato “Diver Down”, prestatomi da un amico quando avevo 13 anni. Fu una specie di terremoto interiore, una vera rivoluzione per me. Oltre all’Olandese Volante ho sempre adorato Angus Young, Yngwie Malmsteen, John Drenning dei Crimson Glory, così come chitarristi “fuori genere”, tra i quali ad esempio Alain Maratrat dei Rockets, Alberto Camerini e il nostrano, purtroppo scomparso, Ivan Graziani: un artista fuori parametro ingiustamente sottovalutato. Per quanto riguarda il mio percorso di studi la persona alla quale tutt’oggi devo di più in assoluto è il mio primo Maestro, Andrea Samengo, Italiano nato a Lima, in Perù. Un musicista straordinario che riesce a coniugare una tecnica da fuochi artificiali ad una sensibilità ed un “feeling” assolutamente unici. Devo molto anche a Tommy Talamanca, chitarrista dei Sadist e musicista a 360 gradi che mi aprì le porte, per me assai ostiche, dell’armonia Jazz e della teoria degli accordi, oltre ad affinare ulteriormente la mia tecnica. In ultimo ma non ultimo, anzi, Pier Gonella, mio attuale Maestro e amico di vecchissima data (co-produttore di Swordwind per altro), un ragazzo straordinario che riesce davvero a pensare la Realtà in musica.

Vorrei ora qualche informazione in più sul brano che mi ha colpito maggiormente, “Winter of the Wolf”…

Francesco: “Winter of the Wolf” è, cronologicamente, il brano di più recente composizione. Lo abbiamo praticamente scritto ed arrangiato in studio, dopo aver studiato le linee vocali con Elena, durante un pomeriggio alcolico e “bohemienne” a casa mia, con solo chitarra acustica e voce. La matrice di fondo è chiaramente ispirata allo Speed/Power germanico, specie nel semplice e diretto riff iniziale. La ritmica sulla strofa è ancor più semplificata, un canonico 1-3-7 che lascia ampio spazio al drumming e, soprattutto, alla voce di Elena. Quindi il pezzo si “apre” con il bridge, più stratificato e complesso costruito su bicordi di terza e quarta che preludono all’assalto sonoro del ritornello, modulato su due tonalità ove la chitarra traccia la linea melodica sulla quale la voce si inserisce. Il coro che chiude il ritornello, doppiato da chitarre armonizzate, ci uscì fuori dopo il terzo gin tonic…

Elena: Ha! Ricordo ancora quel pomeriggio… ho mal di testa ancora oggi a ripensarci… NO COMMENT!

“Swordwind” è un disco che non starebbe male sul vinile! Ci avete mica pensato? E in generale cosa pensate di questo revival degli lp?

Francesco: Grazie! Questo è davvero un super-complimento! Si, mi piacerebbe davvero vedere, toccare e, soprattutto, ascoltare “Swordwind” su vinile. Per carità, il CD è un ottimo formato, comodo e gestibile, ma… resta pur sempre, per quanto ben masterizzato, un collettore di onde quadre: specialmente sui bassi e su certe sfumature della voce il vinile secondo me domina di brutto. Personalmente ritengo che il “revival” del vinile non sia dovuto solo ad afflati nostalgici o a piagnistei passatisti, ma soprattutto alla qualità intrinseca del suono che tale supporto riproduce. Ovvio, da un punto di vista commerciale sarebbe oggi un suicidio o quasi puntare solo su questo formato… ma… Dio ci scampi dagli imperanti MP3. Comodi. Comodissimi, per carità, ma in una qualche misura “narcotizzanti” e piatti. Inducono, inoltre, vista la loro facilissima reperibilità e trasportabilità, ad una specie di “bulimia musicale”: a comprare, scaricare, scambiare migliaia di brani i quali, spesso e volentieri, neppure saranno ascoltati una volta. Segno dei tempi, forse…

Elena: A mio giudizio il vinile racchiude in sé una specie di incantesimo: ti fa ascoltare la musica con tutto il corpo, non solo con l’udito. E… spesso sono le sue connaturate imperfezioni a farlo grande, a renderlo vivo, tridimensionale, quasi erotico in una certa misura…

Una domanda specifica per Elena! Come mai questa idea di passare da generi ‘nobili’ come il jazz all’heavy metal sporco e cattivo? J Continui la tua attività anche in altre band e progetti?

Elena: Si certo. Io non amo classificarmi cantante di jazz o cantante di rock o heavy metal ecc.

Ho una mia identità a prescindere dal genere che canto perché, comunque, ci metto la mia personale interpretazione. I miei studi sono incentrati sul Jazz ma canto e ascolto qualsiasi genere musicale… la musica non ha confini per me e mi piace tutta, e poi m’innamoro delle canzoni a prescindere dal genere come infatti mi sono innamorata delle canzoni scritte da Francesco… dure ma nelle stesso tempo suadenti e affascinanti. I miei progetti legati al Jazz continuano, sia la collaborazione con Stefano Guazzo, un gigante del Sax, che con la “Buddy Bolden Legacy Band”.

Nelle note promozionali si dice che state lavorando per diventare una live band. Novità in questo senso? Vi vedremo presto su un palco? E per quanto riguarda i futuri piani degli Stormwolf a 360°? C’è già qualcosa da raccontare?

Francesco: Stiamo valutando musicisti per l’inserimento di una seconda chitarra, indispensabile per mantenere il giusto impatto sonoro dal vivo e, possibilmente, una corista fissa, per la medesima ragione. La voglia di “live” è tantissima, indubbiamente: se tutto gira per il verso giusto prima della fine dell’anno presenteremo dal vivo Swordwind. A disco appena recensito abbiamo avuto già riscontri positivi da alcune case discografiche: stiamo valutando le prime proposte senza precluderci, al momento, alcuna strada. Stiamo inoltre lavorando su nuovo materiale, del quale ho già registrato qualche riff e qualche base di batteria. E’ possibile, inoltre, che il nostro prossimo lavoro sia preceduto da un EP tributo… molto, molto particolare… per ora non dico nulla di più.

È quasi inevitabile chiedervi un giudizio sulla scena underground delle vostre parti… e magari anche avere un parere sulla situazione attuale dell’heavy metal in Italia.

Francesco: Devo dire che dopo il periodo paludoso degli anni ’90 e primi 2000, anni nei quali tutto sembrò spegnersi almeno da queste parti, oggi si respira decisamente un’aria più positiva, un nuovo entusiasmo. Nuove band sono nate a decine qui a Genova e in provincia, toccando ogni genere possibile, dal folk americano al Death Metal estremo. La musica suonata sembra davvero che stia vivendo una nuova giovinezza e, soprattutto, il livello tecnico medio delle “nuove leve” è solitamente elevato. Il problema enorme, questo si, che affligge Genova e comuni limitrofi (il resto della Liguria viaggia su altri binari sensibilmente più positivi) è la persistente assenza di locali adeguati per la musica live. A Genova ce ne sono rimasti 3 o 4, escludendo dal rooster taluni sedicenti “locali live” infrequentabili per le condizioni di degrado generale, umano ed ambientale, che li affliggono. L’attitudine media dei gestori, inoltre, e questo è un male caratteristico e forse irriformabile della mia terra d’adozione, non è assolutamente volta alla collaborazione quanto più al gettare palate di fango gratuite sugli eventuali concorrenti. Fondamentalmente mirano a costituire il proprio “clan” di “fedelissimi” e a viver per compartimenti stagni. Non parliamo poi dei “caché” a fine serata: per poche manciate di vil denaro spesso ci si trova a rincorrere per mesi qualche saltafossi sedicente gestore o sedicente promoter. Una situazione di squallore e mancanza di decoro infinito. Vi sono, tuttavia, poche ma significative eccezioni: galantuomini che cercano in ogni modo di venire incontro alle esigenze del musicista e che, con lavoro durissimo e strenuo, hanno costruito realtà di assoluta eccellenza. Penso, ad esempio, all’Angelo Azzurro di Danilo Lombardo. Un locale ove, non a caso, sono transitati personaggi come Billy Sheean, Rhino, Doug Aldritch. Robetta così, insomma. Sull’Heavy italiano, che dire? E’ sicuramente un genere che è sopravvissuto agli “anni bui”, regalandoci per altro band di assoluto livello (Labyrinth, Sadist, Mastercastle, Necrodeath per citare i primi che mi vengono in mente). Seguo, inoltre, con interesse talune nuove proposte, come gli Arca Hadian, in uscita per Underground Symphony, nei quali milita il primo cantante con cui suonai in vita mia, il bravissimo Carlo Faraci.

La conclusione dell’intervista spetta naturalmente a voi. Grazie per il vostro tempo e a presto!

Elena: Spero che questo progetto possa andare avanti e raccogliere i frutti del duro lavoro. Ma penso proprio di si perché l’entusiasmo e il coraggio non mancano!

Non vedo l’ora di cominciare a suonare dal vivo perché sarà in quel contesto che si vedrà la risposta del pubblico soprattutto per i brani inediti.

Francesco: Grazie a te, Renato e a Metalhead! Seguiteci sulla nostra pagina facebook: https://www.facebook.com/Stormwolf.it. Stay Brutal!

(Renato de Filippis)