copsteelwing(NoiseArt Records) Quanti gruppi di valore possiamo ormai citare per la New Wave of Swedish Heavy Metal? Senza riflettere mi vengono in mente RAM (forse i migliori), Enforcer, Ambush, Screamer, e naturalmente Steelwing: tutte formazioni che si rifanno all’heavy/speed originario e sono radicalmente convinte che il tempo si sia fermato al massimo al 1987. “Reset, reborn, redeem” è il terzo album delle furie scandinave e ancora una volta si dedica a temi post-apocalittici. La titletrack, speed puro e lanciato, ha un refrain che si memorizza dopo un minuto: molto versatile il cantato di Riley, vero punto di forza del gruppo, che non si ferma ai soliti toni acutissimi, ma arriva volentieri dalle parti del growl. “Ozymandias” forse è un po’ confusa, vuole tenere dentro troppe cose in sette minuti (che comunque non sono pochi); tira fino al limite “Architets of Destruction”, un fiume in piena di chitarre indiavolate. Più cupa, ma anche con qualche ritmica NWOBHM, “Like Shadows, like Ghosts”; in “Hardwired” Riley è ancora una volta incontenibile. A differenza di tante altre band dedite a queste sonorità, gli Steelwing non compongono canzoni di tre minuti e mezzo: “We are all left here to die” ne dura quasi dieci, e mantiene sempre desta l’attenzione dell’ascoltatore con suoni talora molto classici, altre volte (soprattutto nella seconda metà del pezzo) più epici e sostenuti. Un’ottima prova di metallo cromato e vintage.

(René Urkus) Voto: 8/10