copBlazeOfSorrow(Sun & Moon Records) Tornano gli italiani Blaze Of Sorrow, tornano con tuonante potenza, infinita energia e gusto artistico illimitato. Tornano con il quarto full length il quale fa seguito al meraviglioso EP “Fulgida Reminiscenzauscito l’anno scorso. Ed è proprio quell’EP a creare strane sensazioni, in quanto le mie memorie si disperse proprio tra quelle cinque fantastiche tracce, le quali erano diverse, inusuali, sicuramente lontane da schemi normali, forse anche lontane dagli schemi personali del duo. Confesso che mi aspettavo un’evoluzione in quella direzione, forse desideravo quella direzione… ma “Eremita Del Fuoco” mi riporta alla realtà, in un certo senso mi desta e pone fine a quel viaggio onirico rappresentato dall’EP, tornando ad un black metal perfetto, coinvolgente, intelligente, melodico, epico, folkloristico e molto progressivo. Ovviamente non c’è più una dominante delle stranezze dell’EP, ricco di pianoforte, di chitarra classica, di una espressività folk dominante e non “di contorno”. Ma la superba capacità compositiva dei Blaze cancella il mio instabile stupore annegandomi in sette tracce grandiose, ricche di dettagli, di fantasia, di creatività contorta. E, seguendo la scia di altri fantastici progetti della penisola -quali i Darkend, Imbolc e Selvans- emerge un altro album di black complesso, intelligente, un black che nella freddezza intrinseca del genere, offre calore, quel calore musicale classico tipico di suoni folk, suoni mediterranei, forse anche un po’ gitani. Un black che evolve e diventa un nuovo genere, una nuova forma d’arte, una nuova espressività musicale. L’inizio di “La Conquista del Cielo” è superbo. Struggente: un arpeggio fantastico, un sassofono intenso, fino all’arrivo delle chitarre distorte che cancellano l’armonia con furia tuonante, decadente e trionfale allo stesso tempo, un furia che si avvale di un drumming pieno di idee, il quale divaga su fraseggi decisamente prog. Il cantato, poi, si abbandona ad un growl possente, ad unclean atmosferico: una canzone indimenticabile. La title track è black progressivo: ogni singolo riff sembra essere un normale fraseggio black, ma i dettagli, i cambi, le evoluzioni… tutte costanti oscure sorprese che riescono, sempre all’improvviso, a mutare riff cadenzati in blast beats, riff furiosi in ritmiche tribali le quali si contorcono fino ad abbandonare le regole del genere, riabbracciandole, abbandonandole nuovamente, in un tripudio di negazione dei limiti creativi. “I Quattro Volti” è esattamente quello che mi esaltò nell’EP: folk? Prog? Black? Perché non usare il termine più appropriato -parola di quattro lettere- questa si chiama ARTE. “Il Passo del Titano” è travolgente, eccitante, incalzante, capace di destare con ritmiche sempre più intense, sempre più graffianti. Epica “L’Ascesa”, feeling appartenente alle radici del black, ma con trionfali oscuri riff supportati da linee di basso e batteria ammirevoli, mentre la conclusiva “Epitaffio di Luna” si abbandona ad un ambient impregnato di folklore direttamente legato alla natura stessa. No. Non il viaggio onirico non è affatto finito. Ha semplicemente cambiato direzione, virato verso nuove mete lontane. O forse no. Forse è ancora qui. Dov’era prima, ed è maestro nel creare quella sublime confusione che aleggia nella esaltazione, nell’emozione, nella mente, nelle sensazioni. Nel piacere.

(Luca Zakk) Voto: 9/10