copTheWorldState(Autoprodotto) Ed ecco che si materializza il disco a seguito del singolo “A Castle for the Battles that I Fight”. Il progetto danese capitanato da Leifur (Leif Nielsen) debuttò con il fantastico EP “Flier” nel 2013, rivelando un genio unico, controverso e deviato, grazie ad una scelta musicale trasversale con l’incredibile ugola di Monika Pedersen (ex Sirenia). I tempi sono cambiati. Monika non è più in line up ed ora c’è la meno nota, anche se valida, Bina Rosenvinge. C’è una minore immediata carica drammatica, meno potenza scenografica d’impulso, ma le otto tracce ben anticipate dal singolo sono pur sempre una ottima prova, una dimostrazione stilistica assolutamente inclassificabile. Dopo il calore orientale ed esotico, questo mistero intitolato “Fading Leaves” è proprio il singolo, un piccolo capolavoro dall’incalzare cinematografico, ad esaltare il lavoro. Ma le vere novità iniziano con l’impossibile “The Strangest of Places”: drammatica, teatrale, gitana, sconvolta, trionfale, heavy e progressiva… un convergere di strumenti e generi che l’immaginazione difficilmente può accostare. È il genio di Leifur. “Traced Through Dust and Time” è progressive. Un progressive metallico, un progressive italiano, un progressive settantiano. Un connubio di varianti ed interpretazioni prog, con un apice drammatico e spirituale. Torna quell’impronta tragicamente cinematografica con la fantastica “From Oblivion to Live Again” mentre le evoluzioni scenografiche tornano con il dramma rappresentato da “Faith, Hope and the End of The World”. Metallo con una vena vagamente orientale su “Unlikely” mentre la conclusiva “Everything Changes” eleva proprio quel livello angoscioso, spinge sull’ansia, esalta la poesia in un contesto ancora una volta assurdamente prog, assurdamente lontano da ogni regola scritta. “Traced Through Dust and Time” non mi ha sorpreso come “Flier”: ricordo che quel dannato EP fu un pugno sullo stomaco, un qualcosa capace di togliere il sonno. Ma è quasi una cosa ovvia: “Traced Through Dust and Time” è una evoluzione, non una rivoluzione. Questo… fino a quando non si mettono le cuffie, accendendo lo stereo e spegnendo il mondo attorno. E l’insonnia torna, si prova quella pulsazione allo stomaco, mentre diventa consistente la consapevolezza che -forse- questo Leifur non appartiene veramente a questo mondo…

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10