(Svart Records) Due anni fa “Riset Bak Speilet” mi sorprese, mi colpì ed una sua copia in vinile entrò a far parte della mia collezione, di quello che io amo definire “il mio bagaglio culturale”. Era il loro secondo album, ma in un certo senso il primo vero lavoro della reincarnazione più recente di questa band neo-progressive, psichedelica e folk proveniente dalla Norvegia. Un prog che trova radici negli anni ’70 e dentro il panorama sonoro di bands come Jethro Tull, Procul Harum. Ed un folk che appartiene alla Norvegia, ai boschi, alla magia, un folk che viene esaltato da un flauto magistrale onnipresente e da un fantastico uso della lingua norvegese, così musicale, così poetica, così magica. Infatti, “Ført Bak Lyset” contiene sette favolose tracce con titoli e testi in norvegese, al contrario della precedente release che offriva anche tracce in lingua inglese. Il nuovo “Ført Bak Lyset” è pericoloso: è impossibile smettere di ascoltarlo, si fa riprodurre a ripetizione, a rotazione, costantemente, in ogni occasione; crea dipendenza; credo sia un sortilegio, un qualcosa di magico nascosto tra spiriti della notte che danzano attorno ad un altissimo falò, ricco di suggestiva energia. Il flauto si scatena immediatamente nella pazzia colorata di “Ekebergkongen”. Pulsazioni senza limite, colori che alimentano magie nella notte, soluzioni melodiche complesse che si uniscono in un’unica percezione sensoriale, esaltata da un refrain ossessivo, in crescendo e corale. “Et Djevelsk Mareritt” alterna momenti di suspense con groove e carica stimolante, in una follia melodica tra il folk e lo space rock, capace di portare ad una piacevolissima pazzia. Un po’ di oscurità, di occulto, del sensualissimo sapore dissacrante si materializzano in “De Reiser Fra Oss”, un pezzo costruito su intensi concetti ossessivi, con sorprese e colpi di scena pazzeschi. La title track vi abbandona in una foresta, di notte, circondati da fuochi fatui e spiriti dell’oscurità che danzano attorno al vostro corpo, dentro la vostra mente, con il vostro spirito. Cantando quel ritornello perverso, ipnotico, magnetico. La contorta “Spurvehauken” e la intensa e vorticosa “Nordmarka” creano uno strano preludio alla supremazia psico-folk della conclusiva “Vinterblot”: magica, pulsante, piena di suoni, di ritmi, di emozione vocale; un sublime epilogo per un album immenso, fantastico, semplicemente superbo. Sette tracce, tre quarti d’ora pazzeschi, con una produzione meravigliosamente analogica capace di offrire un suono palpabile, un suono che si fa veramente toccare, accarezzare, stuzzicare … in una costante altalena tra incantesimi folkloristici e viaggi colorati nel mezzo di una spirale psichedelica, il tutto anticipato dalla stupenda copertina che riassume graficamente la fantastica instabilità esaltata da un tiro senza precedenti. Un caleidoscopio di suoni, di groove e di ritmiche travolgenti che si insinua nella psiche, penetra nelle vene, si inerpica nei labirinti dell’anima. Per non andarsene mai più.

(Luca Zakk) Voto: 10/10